Il bene comune nella dottrina sociale della Chiesa: la riflessione del prof. Baggio
La Chiesa è da sempre impegnata, a livello nazionale e internazionale, nella promozione
e difesa del bene comune nella società: il centro della sua riflessione parte dai
diritti inalienabili della persona umana e dai doveri che essa ha nei confronti della
comunità, in vista della giustizia, della pace e della solidarietà. Uno dei richiami
costanti della Chiesa è quello della lotta alla corruzione, causa di ingiustizie e
povertà. Luca Collodi ne ha parlato con il prof. Antonio Maria Baggio,
docente di Filosofia Politica presso l’Istituto universitario Sophia di Loppiano,
in provincia di Firenze:
R. - Normalmente
quando la corruzione viene avvertita come eccessiva e insopportabile, il primo punto
da considerare è che c’è una debolezza della politica. Un certo tasso di corruzione,
purtroppo, è fisiologico, è nelle cose umane. La situazione si appesantisce e la corruzione
diventa intollerabile, quando la debolezza dei progetti politici, la frammentazione
della società e del Paese fa avvertire tutto il peso della corruzione, cioè di risorse
umane che remano contro la nazione anziché aiutarla, tanto più che in periodi di crisi,
quando la gente soffre più del solito, appare socialmente e moralmente intollerabile
che ci sia gente che non rispetta le regole.
D. - Non tutti i sistemi
politici sono dunque utili al bene comune…
R. - Certo. Non qualunque
sistema può attuare il bene comune, nessuno può pensare che una dittatura produca
bene comune. Vorrei ricordare che per arrivare all’idea di bene comune bisogna elaborare
un concetto importante che è quello dello stato di diritto. Cioè, perché ci sia il
bene comune si deve governare non per sé ma per gli altri. Si deve governare non in
base all’arbitrio ma obbedendo alle leggi e si deve governare con il consenso. Perché
il pensiero sociale cristiano, che è dottrina, pone dei vincoli per poter dire che
un sistema è giusto.
D. – Prof. Baggio, in Italia, che fine ha fatto
quella parte di società civile che porta valori, che fa crescere il Paese?
R.
- Un problema è nell’attuale legge elettorale: il problema è che il Paese l’ha accettata.
Non c’è stata sufficiente opposizione. Non è solo un problema del centrodestra. Ciò
va sottolineato. E’ un intero ceto politico che si sente debole e non vuole più essere
scelto. Pensa di scegliersi da solo. Solo che così si creano modifiche di sistema.
Perché al posto della democrazia si creano delle oligarchie, cioè dei gruppi di potere
che possono perpetuarsi per cooptazione, anziché per scelta di coloro che sarebbero
i sovrani. Questo è un allontanamento dagli ideali democratici, nella sostanza e nella
forma. Perché ciò che va perso è l’idea di bene comune. Il bene comune non è un concetto
vuoto che chiunque può riempire come vuole con la sua azione di governo. Il bene comune
pone delle condizioni per essere realizzato.
D. - C’è spazio, in Italia,
per una proposta culturale del laicato cattolico al servizio del Paese?
R.
- Credo che bisognerebbe lanciare una campagna in questo senso, perché c’è una politica
della società prima di formare i partiti e prima di fare le Istituzioni. E poi c’è
un riferimento anche alla Costituzione e al presidente della Repubblica che ne è il
primo garante. Molto spesso Napolitano ha invitato a costruire una cittadinanza forte.
Credo che questo si possa attuare. Ma dovrebbero sorgere delle realtà non di partito,
non per singole leggi, ma da una coscienza civile che si attiva. Se non è questo il
momento, quando pensiamo di farlo?