Forum degli editori in Mali sulla libertà di stampa in Africa
Difendere la libertà di stampa in Africa migliorando il rapporto tra politica e media.
Questa è la sfida della quinta edizione del Forum degli editori africani che si è
concluso lunedì a Bamako, in Mali. Durante l’evento, sostenuto dall’Unione Africana,
sono intervenuti alcuni dei maggiori leader del continente, tra cui il presidente
nigeriano Goodluck Jonathan. Michele Raviart ne ha parlato con Domenico
Affinito, vice-presidente di Reporters Sans Frontiéres Italia:
R. – Il Forum
degli editori africani, che ha sede a Johannesburg ed è stato creato nel 2003, ha
puntato l’attenzione sull’aspetto più tecnico della libertà di stampa e di espressione,
cioè quello che regolamenta il rapporto tra i media, i governi e le crisi regionali.
Questo è il nodo principale che ha creato maggiori problematiche all’interno del continente
africano.
D. – Qual è il bilancio della libertà di stampa in Africa
in base ai vostri dati?
R. – L’Africa, dal punto di vista della libertà
di stampa e di espressione, è un continente che presenta luci ed ombre. Nella nostra
classifica per la libertà di stampa nel mondo, abbiamo classificato il Ghana 27.mo,
il Mali 31.mo, il Sud Africa 33.mo, la Namibia 36.ma. Sono tutti Paesi sicuramente
piazzati meglio ad esempio della nostra Italia, che era 49.ma. Possiamo dire che la
situazione peggiore in assoluto – e sono tra le situazioni peggiori in tutto il mondo
– si registra in Eritrea e in Somalia, ma anche in Rwanda. Proprio in Rwanda è stato
assassinato uno dei due giornalisti uccisi fino ad oggi all’interno del continente
africano: si tratta di Jean Leonard Rugambage, rwandese, ucciso il 24 di giugno a
Kigali, in periodo pre-elettorale.
D. – Dunque, in Somalia ed Eritrea
ci sono le condizioni peggiori?
R. – La Somalia è un buco nero per tutti
i giornalisti, non solo i giornalisti locali, ma anche i giornalisti stranieri che
si recano nel Paese hanno estreme difficoltà. Noi l’abbiamo classificata 164.ma la
Somalia. Per quanto riguarda invece l’Eritrea, che è l’ultima della nostra classifica,
la posizione è la 175.ma. Noi riusciamo a monitorare 175 Paesi su 190 riconosciuti
dall’Onu. In Eritrea, addirittura, non è proprio possibile neanche mettervi piede,
perché non è possibile ottenere il visto. Quei pochi che riescono, entrano come turisti
e poi cercano, in qualche modo, di svolgere il mestiere di reporter. Noi la definiamo
‘la più grande prigione al mondo’ per i giornalisti, perché ci sono tantissimi giornalisti
in carcere e la situazione in Eritrea è addirittura peggiore di quella della Corea
del Nord.
D. – Non a caso il Forum si è svolto in Mali, uno dei Paesi
in cui la stampa è più libera…
R. – E’ un percorso che stanno facendo
tanti Paesi quello di avvicinarsi ad una maggiore libertà d’espressione. Soprattutto
nel continente africano, i Paesi che sono più garantisti fanno ovviamente pressione
nei confronti di quelli che lo sono meno per cercare di migliorare la situazione.