Afghanistan. Il generale Petraeus: prematuro il ritiro Usa nel 2011
L’Afghanistan al centro del confronto interno americano. La coalizione internazionale
nel Paese asiatico potrebbe iniziare a trasferire alcune competenze in materia di
sicurezza alle forze armate di Kabul. Lo ha dichiarato il segretario americano alla
Difesa, Robert Gates, che tuttavia ha anche ribadito il rispetto della data del disimpegno
totale statunitense, previsto nel luglio 2011. Una data questa considerata, invece,
prematura dal comandante delle forze americane ed internazionali nel teatro mediorientale,
il generale David Petraeus. Per un’analisi su questa differenza di vedute, Giancarlo
La Vella ha intervistato Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici
all’Università di Trieste:
R. – Credo
che sia un contrasto che dura anche da tempo tra la componente militare e la componente
politica e diplomatica americane. Già qualche tempo fa il generale McChrystal ha dovuto
dare le dimissioni proprio perché aveva una linea completamente diversa da quella
della presidenza. Detto questo, il generale Petraeus, che è lo stratega migliore che
gli Stati Uniti hanno sul campo, sta cercando di convincere la presidenza americana
che ci deve essere un ritiro flessibile e graduale.
D. – Ritirarsi dall’Afghanistan
nei tempi previsti dalla Casa Bianca che cosa provocherebbe secondo gli osservatori
internazionali?
R. – Sicuramente avrebbe delle conseguenze molto negative,
perché è chiaro che, in questo momento, né la polizia, né l’esercito afghano sono
in grado di reggere l’eventuale urto di un’offensiva talebana, né di assicurare sul
territorio pace e stabilità. Il processo di maturazione delle componenti interne non
è andato ancora a compimento e, quindi, il generale Petraeus chiede di rimanere fin
quando non si abbia, non dico la certezza, ma almeno la possibilità, per l’esercito
afghano, di essere intanto in maggior numero ed inoltre di essere sufficientemente
addestrato per riuscire a mantenere l’ordine senza la presenza degli americani o comunque
con una presenza molto, molto ridotta.
D. – In questa difficoltà nel
trasferire alle istituzioni afghane la gestione del Paese c’entra, in qualche modo,
la presenza dei talebani che é ancora molto forte?
R. – Certamente.
La questione talebana non riguarda solo Kabul, ma anche il Pakistan, la Cina, gli
Stati Uniti e i confini dell’Afghanistan. Se si è riusciti ad ottenere un ritiro in
Iraq dopo anni tragici e, comunque, dopo un lunghissimo periodo, non può accadere
che in Afghanistan questo succeda in qualche mese. Va anche detto che i talebani non
sono più così forti come erano qualche tempo fa. Hanno subito delle perdite, vivono
di criminalità e di traffico di droga e anch’essi potrebbero non essere in grado di
scatenare un’offensiva per riconquistare un Afghanistan che sembra, dalle cronache,
stia iniziando a tornare ad una vita civile. Ed é proprio per non interrompere questo
sia pure lento processo, che il generale Petraeus, che ormai ha maturato un’esperienza
vastissima nell’area del Medio Oriente, chiede di non precipitare le cose e di non
affrettare il ritiro: di compiere cioè l’opera fino in fondo. Una cosa è avere davanti
del tempo e la stabilità per poter comunque mettere in atto un processo politico di
recupero, di amnistie o comunque di ripresa del territorio ed un’altra cosa è, invece
trovarsi, da un giorno all’altro, scoperti. Ed allora sì che la situazione potrebbe
precipitare.