Messa del Papa per l’Assunta: niente di ciò che ci è caro andrà in rovina, ma sarà
eterno nell'amore di Dio
Stamani, nella Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il Papa ha presieduto
la Santa Messa nella parrocchia di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo. Nell’omelia,
Benedetto XVI ha ricordato che “oggi la Chiesa celebra una delle più importanti feste
dell’anno liturgico dedicate a Maria Santissima: l’Assunzione. Al termine della sua
vita terrena, Maria è stata portata in anima e corpo nel Cielo, cioè nella gloria
della vita eterna, nella piena e perfetta comunione con Dio”. Quest’anno ricorre anche
il sessantesimo anniversario della proclamazione da parte di Pio XII del dogma dell’Assunzione,
di cui il Papa ha letto la formulazione: «in tal modo l’augusta Madre di Dio, arcanamente
unita a Gesù Cristo fin da tutta l’eternità con uno stesso decreto di predestinazione,
Immacolata nella sua Concezione, Vergine illibata nella sua divina maternità, generosa
Socia del Divino Redentore, che ha riportato un pieno trionfo sul peccato e sulle
sue conseguenze, alla fine, come supremo coronamento dei suoi privilegi, ottenne di
essere preservata dalla corruzione del sepolcro e, vinta la morte, come già il suo
Figlio, di essere innalzata in anima e corpo alla gloria del Cielo, dove risplende
Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli».
“Noi crediamo
che Maria, come Cristo suo Figlio – ha proseguito Benedetto XVI - ha già vinto la
morte e trionfa già nella gloria celeste nella totalità del suo essere, «in anima
e corpo»”. “La Chiesa, nel suo Magistero infallibile” – ha aggiunto – afferma che
“la Madre di Dio viene inserita a tal punto nel Mistero di Cristo da essere partecipe
della Risurrezione del suo Figlio con tutta se stessa già al termine della vita terrena;
vive, cioè, quello che noi attendiamo alla fine dei tempi quando sarà annientato «l’ultimo
nemico», la morte (cfr1 Cor 15, 26); vive quello che proclamiamo nel Credo «Aspetto
la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà»”. Le radici di questa vittoria
sulla morte prodigiosamente anticipata in Maria stanno nella fede della Vergine di
Nazareth: “una fede che è obbedienza alla Parola di Dio e abbandono totale all’iniziativa
e all’azione divina … La fede, dunque, è la grandezza di Maria, come proclama gioiosamente
Elisabetta: Maria è «benedetta fra le donne» e «benedetto è il frutto del suo grembo»
perché è «la madre del Signore», perché crede e vive in maniera unica la «prima» delle
beatitudini, la beatitudine della fede”. “Cari amici! – ha proseguito il Papa - non
ci limitiamo ad ammirare Maria nel suo destino di gloria, come una persona lontana
da noi, no! Siamo chiamati a guardare quanto il Signore, nel suo amore, ha voluto
anche per noi, per il nostro destino finale: vivere, tramite la fede, nella comunione
perfetta di amore con Lui”. Il Papa ha quindi spiegato cosa si intende col termine
«cielo»: non si riferisce “ad un qualche luogo dell’universo” ma “a qualcosa di molto
più grande e difficile da definire con i nostri limitati concetti umani. Con questo
termine ‘cielo’ vogliamo affermare che Dio, il Dio fattosi vicino a noi non ci abbandona”
neppure nella morte e oltre di essa, “ma ha un posto per noi e ci dona l’eternità”.
Per comprendere un po’ di più questa realtà – ha rilevato – “guardiamo alla nostra
stessa vita: noi tutti sperimentiamo che una persona, quando è morta, continua a sussistere
in qualche modo nella memoria e nel cuore di coloro che l’hanno conosciuta ed amata.
Potremmo dire che in essi continua a vivere una parte di questa persona, ma è come
un’ «ombra» perché anche questa sopravvivenza nel cuore dei propri cari è destinata
a finire. Dio invece non passa mai e noi tutti esistiamo in forza del Suo amore; esistiamo
perché egli ci ama, perché egli ci ha pensati e ci ha chiamati alla vita”. “La nostra
serenità, la nostra speranza, la nostra pace – ha sottolineato ancora - si fondano
proprio su questo: in Dio, nel Suo pensiero e nel Suo amore, non sopravvive soltanto
un’«ombra» di noi stessi, ma in Lui, nel suo amore creatore, noi siamo custoditi e
introdotti con tutta la nostra vita, con tutto il nostro essere, nell’eternità. E’
il suo Amore che vince la morte e ci dona l’eternità, ed è questo amore che chiamiamo
«cielo»: Dio è così grande da avere posto anche per noi. E l’uomo Gesù, che è al tempo
stesso Dio, è per noi la garanzia che essere-uomo ed essere-Dio possono esistere e
vivere eternamente l’uno nell’altro. Questo vuol dire che di ciascuno di noi non continuerà
ad esistere solo una parte che ci viene, per così dire, strappata, mentre altre vanno
in rovina; vuol dire piuttosto che Dio conosce ed ama tutto l’uomo, ciò che noi siamo.
E Dio accoglie nella Sua eternità ciò che ora, nella nostra vita, fatta di sofferenza
e amore, di speranza, di gioia e di tristezza, cresce e diviene. Tutto l’uomo, tutta
la sua vita viene presa da Dio ed in Lui purificata riceve l’eternità”. “Questa –
ha detto il Papa - è una verità che ci deve riempire di gioia profonda. Il Cristianesimo
non annuncia solo una qualche salvezza dell’anima in un impreciso al di là, nel quale
tutto ciò che in questo mondo ci è stato prezioso e caro verrebbe cancellato, ma promette
la vita eterna, «la vita del mondo che verrà»: niente di ciò che ci è prezioso e caro
andrà in rovina, ma troverà pienezza in Dio. Tutti i capelli del nostro capo sono
contati, disse un giorno Gesù (cfr Mt 10,30). Il mondo definitivo sarà il compimento
anche di questa terra, come dice san Paolo: «la creazione stessa sarà liberata dalla
schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio»
(Rm 8,21). Allora si comprende come il cristianesimo doni una speranza forte in un
futuro luminoso ed apra la strada verso la realizzazione di questo futuro. Noi siamo
chiamati, proprio come cristiani, ad edificare questo mondo nuovo, a lavorare affinché
diventi un giorno il «mondo di Dio», un mondo che sorpasserà tutto ciò che noi stessi
potremmo costruire. In Maria Assunta in cielo, pienamente partecipe della Risurrezione
del Figlio, noi contempliamo la realizzazione della creatura umana secondo il «mondo
di Dio»”. Il Papa ha quindi concluso la sua omelia con questa preghiera: “Preghiamo
il Signore affinché ci faccia comprendere quanto è preziosa ai Suoi occhi tutta la
nostra vita; rafforzi la nostra fede nella vita eterna; ci renda uomini della speranza,
che operano per costruire un mondo aperto a Dio, uomini pieni di gioia, che sanno
scorgere la bellezza del mondo futuro in mezzo agli affanni della vita quotidiana
e in tale certezza vivono, credono e sperano”.