Alluvioni in Pakistan: rischio di epidemie e di infiltrazioni fondamentaliste
Resta drammatica la situazione in Pakistan in seguito alle terribili piogge monsoniche
che nelle ultime due settimane hanno provocato oltre 1.600 morti e costretto ad abbandonare
le proprie case almeno 14 milioni di pakistani. Ora il rischio è quello delle epidemie.
Quasi 460 milioni di dollari i danni stimati dalle Nazioni Unite, che tentano di coordinare
gli aiuti umanitari internazionali. Ma nel Paese asiatico regna il caos e gli aiuti
umanitari faticano a raggiungere le aree più colpite. Le infrastrutture sono gravemente
danneggiate e gli spostamenti avvengono con enormi difficoltà. Ma all’emergenza umanitaria
ed economica del Pakistan si aggiunge adesso un nuovo elemento di instabilità politica,
come ci spiega Carlo Filippini, dell’Osservatorio Asia Maior e docente di economia
politica all’Università Bocconi. L’intervista è di Stefano Leszczynski.
R. – Sì,
direi che le conseguenze economiche sono paradossalmente minori e più trascurabili,
nel senso che, pur essendo molto grave il disastro, si tratta di problemi a cui il
Pakistan, purtroppo, è abituato. Sono invece le ripercussioni politiche sulla stabilità
del governo e sul riemergere ancora più acuto del problema dei fondamentalisti islamici
a creare preoccupazione.
D. – Insomma, la povertà e le difficoltà in
questo Paese potrebbero fondamentalmente favorire quelli che sono i “ nemici” della
democrazia pakistana?
R. – Da un lato, il governo è certamente inefficiente
e vi è una diffusa area di corruzione, per cui anche gli aiuti internazionali poi
non vengono utilizzati allo scopo prefissato. Sul fronte opposto, i fondamentalisti
islamici sono molto bravi nel fornire quei servizi - aiuti concreti alle persone che
sono state colpite dalle inondazioni - e acquistano una maggiore credibilità, ma soprattutto
acquistano un maggior sostegno popolare.
D. – Abbiamo visto che i primi
a preoccuparsi della situazione pakistana sono stati ovviamente gli Stati Uniti. Il
contributo americano si avvicina ai 50 miliardi di dollari...
R. – Il
rischio è che anche questi aiuti umanitari possano finire in mani sbagliate o per
usi non direttamente a favore della popolazione.
D. – Le alluvioni e
le piogge monsoniche hanno colpito duramente anche altri Paesi dell’Asia, come l’India.
Tuttavia qui non si sono avute forti ripercussioni politiche, come mai?
R.
– I danni maggiori o, ad ogni modo, le conseguenze maggiori verso la popolazione sono
state nel Kashmir e noi sappiamo bene che il Kashmir è a maggioranza musulmana e che
l’India ha sostanzialmente occupato, al momento dell’indipendenza, metà del Kashmir,
contro la volontà della popolazione. Di conseguenza il Kashmir viene visto come un
problema di una minoranza, che in ogni caso non è simpatetica all’India come Paese
e come nazione. Da questo punto di vista, non crea problemi politici interni.