Alluvioni in Pakistan. L'Onu: subito gli aiuti. Aumenta il rischio di infiltrazioni
fondamentaliste
Non c’è tregua al dramma del popolo pakistano colpito dalle più gravi inondazioni
che il Paese ricordi. Nei prossimi giorni una nuova ondata di piogge potrebbe colpire
le aree già devastate. Le Nazioni Unite lanciano un appello per reperire fondi e scongiurare
la morte di altre centinaia di persone. Intanto le celebrazioni programmate per domani,
giorno dell'Indipendenza nazionale, sono state annullate: il presidente Ali Zardari
visiterà le province di Kyber Pakhtunkhwa e Punjab, le più colpite. Sul posto è attesa
anche la visita del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Il servizio
di Claudia Di Lorenzi:
Nel
Paese è forte ora il rischio di epidemie. Quasi 460 milioni di dollari i danni stimati
dalle Nazioni Unite, che tentano di coordinare gli aiuti umanitari internazionali.
Nel Paese asiatico regna il caos e gli aiuti umanitari faticano a raggiungere le aree
più colpite. Le infrastrutture sono gravemente danneggiate e gli spostamenti avvengono
con enormi difficoltà. Ma all’emergenza umanitaria ed economica del Pakistan si aggiunge
adesso un nuovo elemento di instabilità politica, come ci spiega Carlo Filippini,
dell’Osservatorio Asia Maior e docente di economia politica all’Università Bocconi.
L’intervista è di Stefano Leszczynski.
R. – Sì,
direi che le conseguenze economiche sono paradossalmente minori e più trascurabili,
nel senso che, pur essendo molto grave il disastro, si tratta di problemi a cui il
Pakistan, purtroppo, è abituato. Sono invece le ripercussioni politiche sulla stabilità
del governo e sul riemergere ancora più acuto del problema dei fondamentalisti islamici
a creare preoccupazione.
D. – Insomma, la povertà e le difficoltà in
questo Paese potrebbero fondamentalmente favorire quelli che sono i “ nemici” della
democrazia pakistana?
R. – Da un lato, il governo è certamente inefficiente
e vi è una diffusa area di corruzione, per cui anche gli aiuti internazionali poi
non vengono utilizzati allo scopo prefissato. Sul fronte opposto, i fondamentalisti
islamici sono molto bravi nel fornire quei servizi - aiuti concreti alle persone che
sono state colpite dalle inondazioni - e acquistano una maggiore credibilità, ma soprattutto
acquistano un maggior sostegno popolare.
D. – Abbiamo visto che i primi
a preoccuparsi della situazione pakistana sono stati ovviamente gli Stati Uniti. Il
contributo americano si avvicina ai 50 miliardi di dollari...
R. – Il
rischio è che anche questi aiuti umanitari possano finire in mani sbagliate o per
usi non direttamente a favore della popolazione.
D. – Le alluvioni e
le piogge monsoniche hanno colpito duramente anche altri Paesi dell’Asia, come l’India.
Tuttavia qui non si sono avute forti ripercussioni politiche, come mai? R.
– I danni maggiori o, ad ogni modo, le conseguenze maggiori verso la popolazione sono
state nel Kashmir e noi sappiamo bene che il Kashmir è a maggioranza musulmana e che
l’India ha sostanzialmente occupato, al momento dell’indipendenza, metà del Kashmir,
contro la volontà della popolazione. Di conseguenza il Kashmir viene visto come un
problema di una minoranza, che in ogni caso non è simpatetica all’India come Paese
e come nazione. Da questo punto di vista, non crea problemi politici interni.