India: giornata di manifestazioni contro la discriminazione dei dalit cristiani
e musulmani
Bandiere nere, in segno di lutto, su chiese e altri edifici cristiani: così viene
celebrato oggi in India il “Black Day”, la giornata di lutto contro la discriminazione
dei dalit cristiani e musulmani indetta dal Consiglio nazionale delle Chiese in India
e dal Consiglio nazionale dei Dalit Cristiani. La data scelta ricorda l’approvazione,
il 10 agosto 1950, dell’articolo 3 della Costituzione sulle caste ("Scheduled Castes").
L’inclusione in tale ordinamento consentiva la fruizione di benefici economici, educativi
e sociali e riservava ai dalit induisti quote di posti di lavoro nei ranghi della
burocrazia statale. Appositi emendamenti del 1956 e del 1990 hanno esteso tali privilegi
a buddhisti e sikh e ne restano tuttora esclusi musulmani e cristiani, che continuano
a subire umiliazioni, emarginazioni e disuguaglianze in ambito sociale e nel campo
dell’istruzione. I dalit cristiani e islamici hanno da tempo tacciato di illegalità
la norma, che viola principi costituzionali-base come l’uguaglianza (art. 14), il
divieto di discriminazioni per la propria fede (art. 15) e la libertà di scegliere
la propria religione (art. 25). La commissionale nazionale per le minoranze linguistiche
e religiose ha indicato di abrogare alcune norme della legge, in modo da rendere il
sistema delle caste completamente neutrale rispetto all'appartenenza religiosa. Vari
enti hanno pure chiesto di ammettere in tale sistema altre religioni come cristiani
e islamici, come pure hanno fatto 12 governi di Stati indiani. I Consigli parlamentari
statali di Bihar (2000), Uttar Pradesh (2006) e Andhra Pradesh hanno chiesto di far
subito rientrare nelle "Scheduled Castes" i dalit cristiani e quelli islamici. Anche
la Corte Suprema ha più volte sollecitato il governo federale ad affrontare il problema
ma, finora, senza alcun risultato. Mons. Marampudi Joji,
presidente della Commissione per le "Scheduled Castes" e Tribù e per le Classi meno
sviluppate, organo della Conferenza episcopale indiana (Cbci), ha spiegato nei giorni
scorsi ad AsiaNews le ragioni della protesta. La speranza è che – afferma mons.
Joji – “questo sia un momento forte per far prendere consapevolezza alle nostre comunità
cristiane e per sollecitare il governo centrale a prestare attenzione alla nostra
giusta richiesta”. Mons. Joji ricorda inoltre che “Madre Teresa è stata l’Icona dei
Poveri, si è battuta per i poveri e questa discriminazione dei dalit sulla base della
loro fede è la peggiore discriminazione contro i poveri”. L'arcivescovo Joji conclude:
“Nel centenario della nascita della Beata Madre Teresa, speriamo che sia fatta giustizia
per i dalit cristiani e musulmani”. Dalit, aggiunge, “in sanscrito significa “calpestati”
e un tempo erano considerati rifiuti sociali. Madre Teresa ha amato i dalit e si è
dedicata alla loro causa. Madre Teresa è fonte di amore, speranza e carità e noi speriamo
che il governo dia ascolto alla voce degli ultimi”. (M.G.)