Violenze anticristiane nel mondo: intervista con Mario Mauro
Definendolo ''un atto spregevole di violenza sfrenata'' il segretario di Stato Usa
Hillary Clinton ha duramente condannato la strage di medici occidentali compiuta dai
Talebani in Afghanistan sabato scorso. Le salme degli otto medici, sei americani,
un britannico e un tedesco, appartenenti ad una ong cristiana senza scopo di lucro,
la International Assistance Mission, sono state trasferite ieri nella capitale afghana.
L’Afghanistan è un Paese, come peraltro il vicino Pakistan, dove i fatti di violenza
sono giornalieri ma purtroppo in questo come in altri casi si tratta proprio di odio
contro i cristiani. Fausta Speranza ne ha parlato con l’europarlamentare Mario
Mauro, rappresentante personale dell’Ocse contro razzismo, xenofobia e discriminazioni,
in particolare contro i cristiani:
R. – Questo
massacro si inscrive nella logica dei gruppi legati ai Talebani ed anche ad Al Qaeda.
Sono uccisioni finalizzate a scopi assolutamente di natura politica, quasi a creare
una perfetta identità tra il Cristianesimo e l’Occidente, che è in fondo il teorema
di Al Qaeda. La pretesa di rifondare il ‘Grande Califfato’ sulla scorta di quelle
che erano le visioni dell’islam dell’ottavo e del nono secolo si regge esattamente
su questo.
D. – Questa la strategia, con un obiettivo preciso…
R.
– L’obiettivo è ribaltare il potere - proprio in termini di lotta per il potere -
in quei Paesi in cui i gruppi estremisti, in questo momento, sono stati esclusi dalla
gestione della cosa pubblica. E l’Afghanistan è uno di questi. In secondo luogo credo
che l’ultimo drammatico episodio sia un messaggio rilevante mandato al governo del
Pakistan, che in queste giornate così convulse sta cercando di trovare un proprio
equilibrio. Sta cercando di ritrovare un assetto che renda più chiara la posizione
del governo pakistano riguardo al problema della lotta al terrorismo. Com’è noto,
all’interno della società e soprattutto degli strati più rilevanti della leadership
pakistana – parlo in special modo di chi, tra i militari, ha collegamenti con i gruppi
talebani – é in corso una dura lotta per il potere. Qualcuno vuole evitare che il
Pakistan, in qualche modo, rientri a pieno titolo all’interno della comunità internazionale,
esercitando il proprio imperio di Stato sovrano nei confronti di gruppi che – non
dimentichiamolo – gestiscono per intero pezzi rilevanti del territorio di questo Paese.
Dietro c’è, ancora una volta, lo spettro dello scontro con l’India e questo, forse,
è il luogo-chiave dove la comunità internazionale deve impegnarsi non solo dal punto
di vista militare, ma dal punto di vista della capacità di intavolare dei negoziati
sensati per poter superare quello che storicamente può diventare, per il mondo intero,
il problema-chiave dei prossimi anni. In terzo luogo, c’è il fatto che questa “campagna
di odio” lascia comunque crescere quelli che io definirei dei “fiori del male”, perché
effettivamente questo tipo d’impostazione può aver presa su parte della popolazione
ed anche su persone che sono lontane da un’impostazione politica. Può lasciare a molte
delle persone che vengono conquistate da queste visioni l’idea che effettivamente
ci sia da combattere una guerra contro il Cristianesimo, una “crociata contro i crociati”.
Questo è, forse, l’aspetto più sensibile e più perverso di questa propaganda e su
questo specialmente si devono adoperare le Chiese - e la Chiesa cattolica lo sta facendo
benissimo – per far capire che un conto è il dialogo tra le religioni, tra le persone
e tra le culture, un conto è invece il dibattito di natura politica in cui, sempre
più spesso, il fondamentalismo mostra la verità della propria faccia: un progetto
di potere che usa il nome di Dio per i propri fini.
D. – Lei ha svolto
e svolge un ruolo di impegno su questi temi all’interno del Parlamento europeo e,
da tempo, anche a nome dell’Ocse, in quanto rappresentante personale dell’Ocse su
questi temi. Adesso è appena uscito il suo libro "Guerra ai cristiani.Le persecuzioni
e le discriminazioni dei Cristiani nel mondo". Ci dice qualcosa del libro?
R.
– In realtà, il libro fotografa uno spazio di tempo esiguo rispetto a quello che è
l’intero dramma della persecuzione dei cristiani così come si è manifestata, sarebbe
a dire non tanto fin dall’inizio del Cristianesimo – perché questo corso storico è
appena riassunto nel libro per far capire i termini del problema -, quanto piuttosto
gli ultimi anni. Dunque parla della recrudescenza di un odio sistematico nei confronti
dei cristiani e cerca di far capire come questo, oggi, risponda ad un tipo di progettualità
ideologico-politica ben precisa. Infatti, da un lato, se è vero che nella lunga lista
che viene citata all’interno del libro - proposta da una delle più importanti Ong
americane che fotografa la situazione di persecuzioni religiose in Paesi di tutto
il mondo – il Paese più problematico per la condizione dei cristiani è la Corea del
Nord – un Paese, quindi, ateo e comunista -, è anche vero che, nell’elenco dei primi
50 Paesi, 35 sono Paesi islamici. Questo è un dato di cui dobbiamo prendere atto e
rispetto al quale dobbiamo avere una forza ed una capacità di analisi che vadano oltre
i luoghi comuni. E’ così perché la libertà religiosa rappresenta un’opportunità per
la ridiscussione dei termini del potere politico in Paesi che, per l’appunto, da quando
hanno conquistato l’indipendenza nella stragrande maggioranza dei casi hanno avuto
al governo magari sempre la stessa famiglia. E’ chiaro perciò che in questi Paesi
– dove c’è piena l’identificazione tra religione e politica -, chi può parlare “a
nome di Dio” - per usare un’espressione cara a molti di questi Stati - ha un vantaggio
dal punto di vista del rapporto tra potere e popolo. E’ per questo che è così delicato
il tema della religione e della libertà religiosa. Ed è per questo che dobbiamo ricordare
bene quanto sosteneva Giovanni Paolo II, cioè che garantire la libertà religiosa è
un qualcosa di più che garantire una libertà qualsiasi, perché la libertà religiosa
è la cartina di tornasole di tutte le altre libertà.