2010-08-09 15:05:26

Giornata dei popoli indigeni. Ban: superare sfruttamento e razzismo


“I popoli indigeni sono portatori della storia culturale dell’umanità, i governi devono impegnarsi a sostenerli e rimuovere ostacoli come razzismo, emarginazione e povertà”. Così in sintesi il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon nel messaggio per l'odierna giornata internazionale a loro dedicata. Si stima che i popoli indigeni rappresentino il 5% degli abitanti del Pianeta, circa 370 milioni di persone sparse in 70 Paesi. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Alessandro Michelucci presidente del Centro di documentazione sui popoli minacciati.RealAudioMP3

R. - Secondo la definizione approntata dall’Onu, i popoli indigeni sono popoli pre-coloniali, comunità che vivono sufficientemente separate in termini geografici, che hanno una riconoscibilità per il loro modo di vivere, per la cultura, per l’insieme di valori ai quali si riferiscono. Parliamo ad esempio dei nativi americani, degli aborigeni australiani, di alcuni gruppi dell’Amazzonia, dei sami, meglio noti come lapponi, dell’Europa del nord, i maori della Nuova Zelanda... Sono comunità più o meno numerose, che nell’insieme, secondo un calcolo che viene generalmente accettato, cumulano un totale di quasi il 5% della popolazione mondiale.

D. - Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha ribadito che i popoli indigeni oggi sono ancora vittime di razzismo e i loro diritti sono violati. Eppure la dichiarazione delle Nazioni Unite adottata nel 2007, delinea un quadro normativo per consolidare i rapporti tra i popoli indigeni e i Governi.

R. - La dichiarazione è il solito catalogo di buone intenzioni, perché in pratica quel documento è una sorta di consiglio, mancano infatti delle strutture cogenti, per chi non lo rispetta. Fermo restando che poi ci sono diversi Paesi, come gli Stati Uniti, il Canada, la Nuova Zelanda e l’Australia, che non l’hanno neanche sottoscritta.

D. - Ma quali sono le difficoltà dei popoli indigeni?

R. - Per esempio lo sfruttamento del territorio, che viene fatto senza tenere conto che alcuni spazi rappresentano uno strumento di sussistenza essenziale ed unico per i popoli indigeni. Se per esempio, in Paesi come l’Ecuador, vado a cercare il petrolio, questi popoli sono costretti ad andare altrove, se continuo a costruire grandi dighe in India, lo stesso questi popoli sono costretti ad andare via. Questo è un modello di sviluppo indefinito che, di fatto, condanna i popoli indigeni.

D. - La situazione ha avuto un’evoluzione nel corso degli anni?

R. - Sostanzialmente non è migliorata, in vari Paesi ci sono stati degli accordi, però il più delle volte non vengono rispettati.

D. - Una delle obiezioni che viene sollevata è che anche in sede Onu sono presenti solo i Governi che magari hanno dei contenziosi aperti con i popoli indigeni. Come si risolve questo stallo?

R. - La stessa struttura dell’Onu è la radice di questo dilemma e sarà insolubile finchè l’Onu sarà rappresentato dagli Stati anziché dai popoli.

D. - Qual è dunque il suo auspicio?

R. - Che i popoli indigeni stessi riescano ad avere maggiori tutele consolidandosi in posizioni di maggiore peso politico.







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