Riflessioni di Benedetto XVI sulle parole di Gesù: "Se avrete fede, nulla vi sarà
impossibile"
"Se avrete fede, nulla vi sarà impossibile": è l'esortazione di Gesù nel Vangelo di
oggi. Il Signore richiama i suoi discepoli che non erano riusciti a guarire un giovane
epilettico a motivo della loro poca fede. Benedetto XVI si è più volte soffermato
sul tema della debolezza della fede degli uomini e sul nostro bisogno di un affidamento
totale all’amore di Dio. Ripercorriamo alcuni pensieri del Papa al riguardo nel servizio
di Alessandro Gisotti:
Avere fiducia
in Dio, nel suo amore sconfinato che supera le nostre cadute e debolezze. Benedetto
XVI ci invita ad allargare il cuore, a lasciarci amare dal Padre a non rifiutare il
suo sostegno. A vivere intensamente la relazione d’amore con il nostro Creatore. “Il
cuore umano – rammenta, riecheggiando Sant’Agostino - è sempre inquieto finché non
trova un approdo sicuro al suo peregrinare”. Questo approdo, “solida roccia dove fermarsi
e riposare” è Gesù:
“Noi esseri umani abbiamo bisogno di un amico,
di un fratello che ci prenda per mano e ci accompagni fino alla 'casa del Padre';
abbiamo bisogno di uno che conosca bene la strada. E Dio, nel suo amore 'sovrabbondante',
ha mandato il suo Figlio, non solo a indicarcela, ma a farsi egli stesso 'la via'.
(Messa per i cardinali defunti, 11 novembre 2005)
Per questo, è
il suo incoraggiamento, non dobbiamo mai disperare, ma invocare il Signore con insistenza
e umiltà. Il Papa rammenta l’episodio della donna cananea che chiede con perseveranza
a Gesù di guarire sua figlia:
“La sua insistenza nell’invocare l’intervento
di Cristo è per noi incoraggiamento a non perderci mai d’animo, a non disperare nemmeno
in mezzo alle più dure prove della vita. Il Signore non chiude gli occhi dinanzi alle
necessità dei suoi figli e, se talora sembra insensibile alle loro richieste, è solo
per metterne alla prova e temprarne la fede”. (Angelus, 14 agosto 2005)
La
fede, rileva il Papa, viene oggi da taluni ritenuta stoltezza “perché fa credere in
qualcosa che non cade sotto l’esperienza dei sensi”. Ma ciò, avverte, “è un dubbio
inconsistente perché l’intelligenza umana è limitata e non può conoscere tutto”. Ecco
perché, soggiunge, dobbiamo essere umili, prestare fede a Dio laddove la nostra conoscenza
non arriva:
“E’ bene riconoscere la propria debolezza perché così
sappiamo che abbiamo bisogno della grazia del Signore. Il Signore ci consola. Nel
collegio degli Apostoli c’era non solo Giuda ma anche i buoni Apostoli. Pietro è caduto
e tante volte il Signore rimprovera la lentezza, la chiusura del cuore degli Apostoli,
la poca fede che hanno. Quindi, ci dimostra che nessuno di noi è semplicemente sull’altezza
di questo grande sì”. (Discorso ai seminaristi diocesi di Roma, 17 febbraio 2007) Questa consapevolezza, è l’esortazione del Papa, deve allora spingerci
a vivere in un atteggiamento di conversione continua, fiduciosi che il Signore ci
indicherà il cammino verso la vera vita:
“Riconoscere che abbiamo
bisogno di una conversione permanente, non siamo mai semplicemente arrivati. (…) Accettare
la nostra fragilità ma rimanere in cammino, non arrenderci ma andare avanti e tramite
il sacramento della riconciliazione sempre di nuovo convertirci per un nuovo inizio
e così crescere, maturare per il Signore, nella nostra Comunione con il Signore”.
(Discorso ai seminaristi diocesi di Roma, 17 febbraio 2007)