Afghanistan: i talebani uccidono 10 operatori di una Ong cristiana
In primo piano l’Afghanistan, dove otto medici di un’organizzazione non governativa
cristiana, la International Assistance Mission, sono stati brutalmente uccisi dai
talebani perché accusati di essere missionari e agenti della Nato. Si tratta di sei
americani, una britannica e una tedesca, tutti oculisti. I loro corpi sono stati rinvenuti
nella provincia nord orientale del Badakhshan. Con loro c’erano tre interpreti afghani,
solo uno di loro si è salvato. Il servizio, di Linda Giannattasio
Per una testimonianza
sull’attuale momento che sta vivendo l’Afghanistan, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente
a Kabul il padre barnabita Giuseppe Moretti, responsabile della comunità cattolica
internazionale nella capitale afghana: R. – E’ un periodo
di preparazione alle importanti elezioni politiche che si svolgeranno il mese prossimo.
C’è grande fermento e di conseguenza, da parte dei talebani, mi sembra che ci sia
proprio una dimostrazione di opposizione a questo cammino verso la democratizzazione
del Paese. Qui a Kabul il clima è apparentemente tranquillo, però si moltiplicano
le misure di sicurezza. Si prevede un settembre caldo. In questi nove anni sono morti
tanti civili, sono morti tanti militari afghani, sono morti tanti militari della coalizione.
C’è un grande sacrificio di vite umane, ma - dal punto di vista dei benefici per la
popolazione - dobbiamo dire che la situazione non è rosea. La popolazione ha avuto
molto poco da questa pioggia di aiuti che è arrivata: c’è mancanza di scuole, di ospedali,
di ristrutturazioni di strade, di fogne, di leggi per la tutela dei lavoratori. Non
c’è stato l’aumento dei salari, mentre è cresciuta la disoccupazione.
D. –
Lei è accanto alla gente comune. Come vive la popolazione locale?
R. – Con
la forza che viene dalla fede profonda che ha nell’islam. Ovviamente anche la gente
fa gli stessi discorsi: “Quando si arriverà ad avere un po’ di pace, quando avremo
un salario dignitoso?” La gente vive sempre con la speranza che un giorno o l’altro
l’Afghanistan ritorni ad essere quella che era, in pace.
D. – Com’è composta
la comunità cristiana in Afghanistan?
R. – Quando si parla di comunità cristiana,
si parla esclusivamente di comunità cattolica internazionale: quindi non esiste alcuna
comunità cristiana, meno che meno cattolica, afghana. La comunità internazionale cattolica
conta 100, 150 persone. Poi c’è una presenza operativa che è fatta dalle due comunità
di suore, le Suore di Madre Teresa e l’Associazione pro bambini di Kabul, un’associazione
intercongregazionale. Le Suore di Madre Teresa ospitano 24 ore su 24, in maniera fissa,
una decina di bambine che vanno da quelle abbandonate dai genitori e portate lì dagli
ospedali a quelle con gravi handicap; poi, su mandato dei ministeri sociali, hanno
il compito di monitorare circa 200 famiglie tra le più povere, il che significa migliaia
di persone. L’altra associazione, quella pro bambini di Kabul, assiste invece una
trentina di bambini disabili, in maniera straordinaria, come sanno fare le suore,
con grande soddisfazione dei genitori. Tanto che questi bambini, esclusi dalla scuola
pubblica, dopo un paio d’anni che sono seguiti da queste suore, riescono ad essere
ammessi e a volte anche ad eccellere nell’istruzione. Ho tralasciato di parlare delle
Petites Soeurs di Gesù, ma loro sono qui da oltre 50 anni e lavorano negli ospedali,
quindi a contatto diretto con la gente. Quello che contraddistingue la nostra presenza
è questa discrezione: la testimonianza ‘fatta di fatti’, nel silenzio.