Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore. Il Papa: Dio attratto dall'umiltà
di Maria
La Chiesa celebra oggi la memoria della Dedicazione della Basilica romana di Santa
Maria Maggiore: si tratta del più antico santuario mariano d'Occidente, fatto costruire
da Papa Sisto III poco dopo il Concilio di Efeso del 431, in cui Maria venne proclamata
solennemente Madre di Dio. Il Papa ha menzionato la ricorrenza durante l'Angelus di
domenica scorsa. Il servizio di Sergio Centofanti:
“Dio ha voluto
essere il Dio con noi e ha una madre, che è la nostra madre”: così il Papa, nell’udienza
generale del 2 gennaio 2008, spiega le conclusioni del Concilio di Efeso che proclamò
Maria, Madre di Dio, per preservare la piena unità della divinità con l’umanità di
Cristo:
“Dopo questo Concilio si registrò una vera esplosione di
devozione mariana e furono costruite numerose chiese dedicate alla Madre di Dio. Tra
queste primeggia la Basilica di Santa Maria Maggiore, qui a Roma”. (Udienza generale
2 gennaio 2008)
La qualifica di Madre di Dio – ha sottolineato -
è “l'appellativo fondamentale con cui la Comunità dei credenti onora da sempre la
Vergine Maria”:
“Essa esprime bene la missione di Maria nella storia
della salvezza. Tutti gli altri titoli attribuiti alla Madonna trovano il loro fondamento
nella sua vocazione ad essere la Madre del Redentore, la creatura umana eletta da
Dio per realizzare il piano della salvezza, incentrato sul grande mistero dell'incarnazione
del Verbo divino”. (Udienza generale 2 gennaio 2008)
Il Papa si
domanda perché, tra tutte le donne, Dio abbia scelto proprio Maria di Nazaret:
“La
risposta è nascosta nel mistero insondabile della divina volontà. Tuttavia c’è una
ragione che il Vangelo pone in evidenza: la sua umiltà … Sì, Dio è stato attratto
dall’umiltà di Maria, che ha trovato grazia ai suoi occhi (cfr Lc 1,30). E’ diventata
così la Madre di Dio, immagine e modello della Chiesa, eletta tra i popoli per ricevere
la benedizione del Signore e diffonderla sull’intera famiglia umana. Questa ‘benedizione’
non è altro che Gesù Cristo stesso. E’ Lui la Fonte della grazia, di cui Maria è stata
colmata fin dal primo istante della sua esistenza. Ha accolto con fede Gesù e con
amore l’ha donato al mondo. Questa è anche la nostra vocazione e la nostra missione,
la vocazione e la missione della Chiesa: accogliere Cristo nella nostra vita e donarlo
al mondo, ‘perché il mondo si salvi per mezzo di Lui’ (Gv 3,17). (Angelus 8 dicembre
2006)
Maria, dunque, è Madre di Dio: un privilegio che non la allontana
da noi, anzi, ce la rende ancora più vicina:
“Proprio perché è con
Dio e in Dio, è vicinissima ad ognuno di noi. Conosce i nostri cuori, può sentire
le nostre preghiere, può aiutarci con la sua bontà materna e ci è data – come è detto
dal Signore – proprio come Madre che ci sente sempre, ci è sempre vicina e, essendo
Madre del Figlio, partecipa al potere del Figlio. Alla sua bontà, possiamo sempre
affidare tutta la nostra vita, a questa Madre che non è lontana da nessuno di noi”.
(Omelia, Castel Gandolfo, 15 agosto 2005)
Una suggestiva pioggia di
fiori: così oggi la Basilica romana di Santa Maria Maggiore ricorda la sua Dedicazione.
Per l’occasione, stamani l’arciprete cardinale Bernard Francis Law ha presieduto la
Messa, mentre nel pomeriggio, alle 17.00, celebrerà i Secondi Vespri. Durante la cerimonia,
una cascata di petali rievocherà il “Miracolo della Neve”, ovvero la prodigiosa nevicata
sull’Esquilino avvenuta la notte del 5 agosto 358. Secondo la tradizione, la Vergine
apparve in sogno a Papa Liberio chiedendogli che venisse costruita una chiesa là dove
avrebbe nevicato. Isabella Piro ha intervistato per l'occasione mons. Adriano
Paccanelli, Maestro delle Celebrazioni Liturgiche di Santa Maria Maggiore:
R. - La Dedicazione
della Basilica di Santa Maria Maggiore ricorda, appunto, il momento in cui in modo
ufficiale questa Basilica - costruita per la gloria di Dio e dedicata alla Vergine
Santissima - viene aperta al culto. Questo luogo non è più semplicemente un luogo
costruito dalle mani dell’uomo, ma è il luogo dove la comunità incontra il suo Dio,
che in Cristo Gesù ha visitato il suo Popolo e si rende presente soprattutto nell’Eucaristia.
D.
- La Basilica è legata al cosiddetto “Miracolo della neve”, ma come conciliare fede
e leggenda in quest’ambito?
R. - Questo miracolo della nevicata del
5 agosto del 358 è una delle tante leggende che appartengono a questa categoria di
eventi che, per essere comunicati e per essere ricordati come interventi di Dio o
della Madonna o dei Santi, hanno bisogno di essere rivestiti di eccezionalità. Quando
Dio interviene non è mai una cosa normale e quotidiana, ma è sempre una cosa eccezionale.
L’uomo deve coglierlo come tale e per cui, a volte, queste leggende nascondono invece
questo desiderio di manifestare la presenza di Dio, esprimendolo con un linguaggio
che sia appropriato all’evento che si vuole manifestare o illustrare.
D.
- L’attuale Basilica fu voluta da Papa Sisto III per ricordare il Concilio di Efeso
del 431, un Concilio importante nella storia mariana…
R. - Il Concilio
di Efeso aveva dichiarato come dogma di fede la divinità maternità di Maria. Maria
era, quindi, la” Theotokos” e cioè la Madre di Dio e non soltanto la Madre di Gesù
come uomo, ma la Madre di Cristo come Figlio di Dio e quindi la Madre di Dio. Questa
dichiarazione aveva bisogno di essere celebrata anche con un evento che continuasse
a parlare di ciò nei secoli. Sisto III, proprio con questo senso profondo e profetico,
edificò la Basilica di Santa Maria Maggiore e la dedicò al Popolo di Dio, per cui
chi entra oggi a Santa Maria Maggiore entra anche in questo mistero che la Chiesa
ha voluto esaltare attraverso l’edificazione di questo splendido tempio mariano che
è il primo tempio mariano di tutta la nostra Chiesa latina occidentale.
D.
- È quindi da qui che deriva il nome Santa Maria Maggiore?
R. – “Maggiore”
fu un titolo che venne in epoca molto tardiva. Prima era semplicemente la “Basilica
della Madonna”, la “Basilica della Neve”; poi per un certo periodo fu chiamata anche
“Santa Maria ad praesepium”, perché conserva l’insigne reliquia della culla di Betlemme.
Divenne poi “Santa Maria Maggiore” per dire la più grande, ma soprattutto la più importante,
la prima, quella che ha la più grande dignità, perché è stata la prima che ha testimoniato
la fede della Chiesa nella Madre di Dio, nella Vergine Santa.
Ma come si
svolge la rituale caduta dei fiori per rievocare il "Miracolo della Neve"? Rafael
Alavarez Taberner lo ha chiesto a mons. Valentino Miserachs Grau, direttore
della Cappella musicale liberiana:
R. - Cadono
proprio sull'altare della confessione. Dall’alto del cassettonato si apre uno dei
cassettoni di Papa Alessandro VI. Invisibilmente, proprio come fosse una nevicata,
cade questa pioggia di petali bianchi al momento del Gloria, durante la Messa, e al
momento del Magnificat, durante i Secondi Vespri. E’ una tradizione plurisecolare,
perché qui si parla sempre di secoli e secoli di storia e di tradizione.
D.
- E come finiscono i Secondi Vespri?
R. - Finiscono con un inno popolare
alla Salus Populi Romani, che non è molto antico, anzi è di pochi anni. Siccome non
esisteva un inno alla Salus Populi Romani, e qualcuno me l’ha fatto notare, lo abbiamo
preparato noi. Padre Aurelio Zorzi ha preparato il testo e io la musica, con la particolarità
che lui ha aggiunto per ogni solennità, per ogni circostanza, una strofa nuova. E
questo inno genera sempre un grande entusiasmo fra la gente. Se non lo cantiamo, lo
fanno notare: “Come mai non avete cantato l’inno?” Quando lo cantiamo, la gente si
accalca vicino alla balaustra del presbiterio e quando finiamo c’è un grande applauso.
Non vorrei questo applauso e faccio sempre un cenno, quando la gente applaude, verso
l’alto, per dire che questo è un applauso rivolto al Signore e alla Madonna, che troneggiano
nel bellissimo mosaico del catino absidale di Santa Maria Maggiore. (Montaggio
a cura di Maria Brigini)