2010-08-04 15:58:49

Iran: fallito attentato contro Ahmadinejad


Il presidente iraniano, Ahmadinejad, è scampato ad un attentato nella città di Hamedan. Inizialmente una fonte della presidenza ha smentito categoricamente che si trattasse di attentato ma poi l'agenzia iraniana filogovernativa Fars ha confermato che una bomba a mano è stata lanciata subito dopo il passaggio dell'auto su cui viaggiava il presidente Mahmud Ahmadinejad. L’attentatore è stato arrestato. Ahmadinejad, hanno poi reso noto la tv panaraba Al Arabiya e la libanese Future Tv, era appena arrivato a Hamedan, circa 350 chilometri a ovest di Teheran, per una visita di due giorni. L'attentato è avvenuto sulla strada che il corteo presidenziale percorreva dall'aeroporto allo stadio Qods, dove poi Ahmadinejad ha tenuto regolarmente il primo discorso previsto durante la visita, trasmesso in diretta dalla televisione e nel quale il presidente non appariva scosso. Alla luce di questo evento, come si può inquadrare l’opposizione ad Ahmadinejad? Giada Aquilino lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica di Milano:RealAudioMP3

R. - In Iran, all’inizio degli anni Ottanta, all’inizio della Rivoluzione, erano attivi grandi movimenti terroristici o comunque caratterizzati dall’utilizzo della violenza, debellati poi dal regime. Ultimamente gli unici eventi etichettati come terroristici sono presenti soprattutto in Baluchistan, dove ci sono movimenti sunniti contrari al regime. E’ vero che vi sono infiltrazioni all’interno dell’Iran, ma vedo molto difficile un tentativo, com’è stato detto, da parte israeliana o da parte occidentale, di eliminare Ahmadinejad. Questa mi sembra veramente fantapolitica. Quanto all’attività sul versante interno, il dissenso politico attuale non è mai stato un dissenso violento.

D. – Com’è possibile inquadrare l’opposizione interna oggi in Iran?

R. - Vi sono molte opposizioni. Anzitutto un’opposizione ad Ahmadinejad, che è interna allo stesso regime: si tratta cioè di personaggi che lavorano all’interno del quadro politico, dell’élite politica post rivoluzionaria e quindi fanno parte del sistema della Repubblica Islamica, ma sono contrari alla linea dei Pasdaran e di Ahmadinejad. Vi è poi un’opposizione politica esterna alla Repubblica Islamica, ma che non è una opposizione violenta. Vi sono quindi frange e gruppi che ricorrono anche alla violenza: sono gruppi sunniti legati ai baluchi. Nel sud, c’è un certo fermento da parte curda ed azera, anche se non così strutturato come quella nel sudest. Questo è un po’ il quadro. Io non lo collegherei, però, al dissenso politico più manifesto, che c’è stato nell’ultimo anno dopo le elezioni, perché quello era un movimento pacifico.

D. - Gli Stati Uniti hanno aumentato la pressione sull’Iran inasprendo le sanzioni per prevenire la proliferazione nucleare di Teheran e la Casa Bianca ha giudicato “non seria” la proposta di colloqui avanzata da Ahmadinejad ad Obama. A che punto è la situazione?
R. - Dopo le aperture dell’anno scorso da parte dell’amministrazione Obama e il quasi accordo in autunno sul nucleare, si è arrivati ad una fase molto più confusa. Obama - anche per le pressioni interne - ha puntato a nuove sanzioni, nonostante vi siano chiari segnali dall’amministrazione americana di una volontà di aprire negoziati se l’Iran avesse una intenzione seria di negoziare attorno al nucleare. Da parte iraniana i segnali sono ancora molto contraddittori: si ripete che si vuole negoziare, ma intanto "l’orologio del nucleare" continua ad andare avanti.







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