La Chiesa cattolica del Congo plaude alla legge Usa sui “conflict minerals”
Il presidente della Conferenza episcopale congolese e vescovo di Tshumbe, mons. Nicolas
Djomo Lola, ha tenuto oggi una conferenza stampa presso il centro interdiocesano della
capitale Kinshasa, in merito alla nuova legge approvata negli Stati Uniti sui cosiddetti
“minerali dei conflitti”, cioè quei minerali che provengono dai gruppi della guerriglia
che da 15 anni affligge il Congo e che vengono venduti sul mercato internazionale.
A fine luglio, riporta l’agenzia Fides, il Congresso degli Usa ha approvato una legge
che regola le transazioni finanziarie, nella quale è inserita una norma che impone
alle aziende americane di rendere note le procedure da adottare per assicurare che
i propri prodotti come cellulari, computer e apparecchiature mediche, non contengano
i “conflict minerals”. Si tratta di un provvedimento analogo al “Kimberly process”
che certifica, invece, la provenienza dei diamanti e impedisce il commercio delle
gemme provenienti dalle miniere controllate dai guerriglieri della Sierra Leone e
del Congo stesso. La legge non prevede alcuna sanzione per le imprese, ma consentirà
ai consumatori di scegliere liberamente quali prodotti acquistare, anche se alcuni
esperti hanno già sollevato dubbi in merito alla tracciabilità di alcuni materiali.
La Chiesa cattolica congolese, dal canto suo, s’inserisce nel dibattito plaudendo
all’iniziativa di dar vita a una legislazione che impedisca al mercato internazionale
di alimentare le guerre africane. I principali “conflict minerals” della Repubblica
democratica del Congo sono stagno, tungsteno, e tantalio che si ricava dal coltan,
di cui il Congo è il quinto produttore mondiale, e vengono impiegati soprattutto nell’elettronica.
La nuova legge impone ai produttori di comunicare all’ente di controllo della borsa
statunitense, la Securities and Exchange Commission, di specificare la provenienza
di questi materiali. (R.B.)