Mons. Tomasi: una data importante nella storia del disarmo
Alla Convenzione contro le munizioni a grappolo, adottata da 107 Stati durante la
Conferenza diplomatica di Dublino del 30 maggio 2008, non aderiscono importanti Paesi,
fra i quali Stati Uniti, Cina, Russia, Israele, India, Pakistan e Brasile. Sono 37
finora gli Stati che l’hanno ratificata: a questo appuntamento manca ancora l’Italia.
“La Convenzione – afferma un comunicato della Sala Stampa vaticana – rappresenta un
passo significativo nel campo del disarmo e del diritto umanitario internazionale,
nonché un risultato notevole per un multilateralismo basato sulla cooperazione costruttiva
fra attori governativi e non governativi e sul legame fra il diritto umanitario e
i diritti umani. Oltre a colmare una grave lacuna del diritto umanitario – prosegue
il comunicato – la Convenzione tende a dare una risposta forte e credibile ad un problema
tuttora molto attuale, non solo per il continuo uso delle munizioni a grappolo, ma
per il fatto che tali ordigni possono giacere inesplosi sul terreno, colpendo anche
dopo molti anni dalla loro dispersione ed impedendo la ripresa della vita quotidiana
della popolazione civile”. “La Santa Sede – ricorda il comunicato vaticano – ha partecipato
attivamente” al processo per il bando delle Cluster bombs, “essendo stata tra i primi”
sia a proporre la moratoria sull’uso di questi ordigni, sia a ratificare la Convenzione,
nella consapevolezza che “la logica della pace sia più forte della logica della guerra,
la quale in tutti i casi deve avere come limite invalicabile la protezione e la tutela
della popolazione civile, e in particolare delle persone più vulnerabili”. “La Convenzione
– conclude la Sala Stampa – “dovrebbe rinsaldare il vincolo fra disarmo e sviluppo”
orientando “le risorse materiali e umane verso lo sviluppo, la giustizia e la pace”.
Su questa data storica, Marco Guerra ha sentito mons. Silvano Maria Tomasi,
osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra:
R. - Il
primo agosto è una data importante nella storia del disarmo, perché nell’ultima decade
non si sono fatti grandi passi nel limitare l’uso di vari tipi di munizioni, però
si è riusciti - lavorando in convergenza insieme ad un gruppo di Stati - a portare
a termine questa Convenzione sulle bombe a grappolo, che sono delle munizioni particolari,
che vengono disseminate su un territorio abbastanza vasto e quindi con conseguenze
indiscriminate. La comunità internazionale, perciò, si è data da fare soprattutto
per proteggere la popolazione civile. Nel 2008 si è arrivati all’adozione di questa
nuova Convenzione e, al giorno d’oggi, sono 37 gli Stati che hanno già ratificato
ed altri che sono in procinto di farlo. Finalmente c’è un segno positivo: la buona
volontà degli Stati di limitare i danni della guerra. C’è la possibilità di raggiungere
dei target e degli obiettivi concreti.
D. - Può spiegarci, in poche
parole, cosa prevede questa Convenzione?
R. - Il primo obiettivo è di
vietare l’uso di queste munizioni. Poi, chiaramente, la produzione, che rimane un
grande business, crea un giro di molti miliardi di dollari. Lo stoccaggio, cioè il
divieto di conservare questi ordigni e il loro trasferimento da un Paese all’altro.
C’è poi una parte, che direi essere molto più umanitaria e positiva, ossia quella
di assicurare il diritto all’assistenza delle vittime, che è un motivo di speranza
per tutti coloro che hanno subìto gli effetti di queste armi. La Convenzione, in se
stessa, è veramente uno strumento molto buono per favorire la pace ed aumentare le
strade per il disarmo.
D. - Il processo è partito tre anni fa, ad Oslo.
Difficilmente si arriva, in tempi così rapidi, all’entrata in vigore di una Convenzione
internazionale. Possiamo, quindi, essere ottimisti?
R. - In parte direi
di sì, perché 107 Stati hanno già firmato e 37 hanno già ratificato. I grandi, però
- Cina, Stati Uniti e Russia - che hanno grandi stoccaggi di queste munizioni, non
hanno firmato questa Convenzione e non sembra abbiano l’intenzione di farlo molto
presto. D’altra parte, il fatto che la Convenzione entri in vigore influisce decisamente
sul comportamento di questi grandi Stati, che cominciano già a sentire l’impatto della
pressione internazionale, soprattutto da un punto di vista morale. Ad esempio, gli
Stati Uniti hanno deciso una moratoria sull’esportazione delle bombe a grappolo e
prevedono che nel 2018 smetteranno completamente di usarle. C’è quindi un cammino
positivo: però c’è molta strada da fare.
D. - E’ prevedibile una crescita
delle adesioni, con il tempo?
R. - So che ci sono degli Stati che hanno
già in Parlamento la proposta di ratifica di questa Convenzione. Ci vogliono i tempi
tecnici, secondo le varie procedure dei differenti Stati, per arrivare ad un voto
conclusivo, ma certamente ci saranno molti altri Paesi che ratificheranno questa Convenzione
nei prossimi mesi e nei prossimi due, tre anni. L’occasione della sua entrata in vigore
dovrebbe essere uno stimolo, un incoraggiamento per gli Stati che ancora non l’hanno
fatto, a ratificarla e ad entrare nel giro di quei Paesi che vogliono veramente fare
dei passi positivi in tutto il campo del disarmo.