2010-07-29 15:14:00

Dedicata a Matteo Ricci l'edizione 2010 dello Sferisterio Opera Festival di Macerata


“A maggior gloria di Dio” è il tema dell’edizione 2010 dello Sferisterio Opera Festival di Macerata, una stagione dedicata a Padre Matteo Ricci, maceratese e di cui si celebrano i 400 anni della morte. Si inaugura oggi all’Auditorium San Paolo con il “Vespro della Beata Vergine” di Monteverdi, a seguire allo Sferisterio “Faust” di Gounod, “La forza del destino” e “I Lombardi alla prima crociata” di Verdi, mentre al Teatro Lauro Rossi “Juditha triumphans” di Vivaldi e ancora di Verdi “Attila”. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3

Quando la lirica incontra il sacro. Binomio affatto comune, una sfida anche culturale che fa del festival lirico maceratese, ospitato in uno dei palcoscenici più difficili e sorprendenti del mondo, l’Arena Sferisterio, uno degli appuntamenti più interessanti e originali dell’estate. Tutto nasce da alcune singolari coincidenze, che anche il vescovo di Macerata, mons. Claudio Giuliodori, ha tenuto a mettere in luce: nel maggio del 1610 moriva a Pechino padre Matteo Ricci, missionario maceratese e cinese, e dunque a lui e “alla maggior gloria di Dio” il festival è dedicato. Ma in quello stesso anno Claudio Monteverdi pubblicava il suo meraviglioso “Vespro della Beata Vergine” e proprio con questo titolo la manifestazione si inaugura in quella Macerata che la tradizione cristiana conosce come Civitas Mariae. Ma poi ci sono i grandi titoli lirici, e qui è il direttore artistico del festival e regista e scenografo tra i più conosciuti e stimati al mondo, Pier Luigi Pizzi, ad aver tessuto un programma che, appunto, alla gloria di Dio in qualche modo si riferisce. Con quale criterio ha scelto i titoli del Festival?

R. – L’attività dello Sferisterio si snoda su tre melodrammi dell’Ottocento legati da temi comuni. Certo è che sono tre melodrammi assolutamente straordinari che segnano un’epoca e, per quanto riguarda Verdi, sono due titoli dei quali uno non è mai stato rappresentato allo Sferisterio, “I Lombardi”, e l’altro è stato rappresentato molti anni fa e, quindi, secondo me meritava di essere riproposto. Per quanto riguarda “Faust”, questa è un’opera molto conosciuta e molto apprezzata e anche qui ha trovato un cast all’altezza.

D. - Maestro, lo spazio scenico dello Sferisterio, lunghissimo e quasi senza profondità, impone delle scelte particolari e vincolanti nell’ideare gli allestimenti scenici. Per i tre titoli dei quali firma regia e scene, a quale idea particolare si è ispirato per simboleggiare questo scontro tra il bene e il male che libretto e musica raccontano con diversissime drammaturgie?

R. – Questo spazio vuoto, da solo, è una vera magia: uno spazio nel quale si può inserire qualsiasi cosa. Lo stile che io ho cercato di instaurare in questi anni è uno stile basato su un’estrema austerità e che tende a cogliere di ogni opera l’essenziale pur utilizzando un dispositivo scenico base. Per ogni opera noi troviamo delle peculiarità che sono poi quelle che caratterizzano ciascuna delle opere messe in scena. Sono limitate a pochi segni, però molto significativi. La luce poi fa il resto perché, evidentemente, anche la luce assume qui un importanza determinante e, quindi, noi cerchiamo di dare cura all’illuminazione proprio come si fa in pittura.







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