L’assistenza ai moribondi al centro della Giornata per la vita indetta dalla Chiesa
britannica
“Signore, per i tuoi fedeli la vita si trasforma, non termina” è il tema della Giornata
della vita celebrata domenica scorsa in Inghilterra e Galles. Per l’occasione la Chiesa
locale ha posto l’accento sui moribondi. In una nota, citata da Zenit, si sottolinea
“l'importanza del sacramento dell'unzione dei malati, della preghiera per i defunti
e dell'accompagnamento dei moribondi nel loro viaggio verso Dio, così come della presenza
consolatrice e del sostegno della comunità di fede e di tutti coloro che ci hanno
preceduti nel segno della fede”. Le Conferenze episcopali di Inghilterra, Irlanda,
Scozia e Galles hanno lavorato insieme per preparare questa Giornata, che in Scozia
si è celebrata il 31 maggio e in Irlanda si svolgerà il 3 ottobre. Avviata da Giovanni
Paolo II, celebra la dignità della vita umana dal concepimento alla morte naturale.
Nelle parrocchie, l'ultima domenica del mese di luglio si svolge ogni anno una colletta
per attività collegate alla vita sostenute dalla Chiesa. Il denaro raccolto serve
per finanziare, tra le altre iniziative, il centro di assistenza e psicoterapia City
Pregnancy Counselling Psychotherapy, l'assistenza all'infertilità, la ricerca
etica sulle cellule staminali adulte, la distribuzione nelle parrocchie di un Dvd
sulla spiritualità e la demenza e il centro Anscombe Bioethics. Nel Regno
Unito la difesa della vita è tornata al centro del dibattito pubblico alle luce di
due casi distinti e opposti sul modo in cui affrontare l'incapacità fisica e la morte.
Richard Rudd, un paziente di 43 anni che soffre di sindrome da incarceramento dall'ottobre
scorso, quando ha subito un incidente di moto, è riuscito a far capire con un movimento
degli occhi che non voleva che la macchina che lo tiene in vita venisse staccata.
Prima dell'incidente, aveva detto che non avrebbe voluto vivere in una situazione
come quella in cui si trova ora, per cui la sua famiglia aveva chiesto di staccare
la spina. Per i suoi genitori, il caso mette in discussione la validità dei testamenti
biologici, che vengono firmati quando si gode di buone condizioni di salute. Può accadere
che si cambi idea ma che non lo si riesca a comunicare. Un caso molto diverso è quello
di Tony Nicklinson, 54 anni, che ha subito un'emorragia cerebrale e ora ha fatto ricorso
al tribunale perché sua moglie possa applicargli l'eutanasia legalmente. Per il gruppo
contrario all'eutanasia No Less Human, gli sforzi di una persona di legalizzare
l'eutanasia minano la sicurezza di tutti. Una rappresentante di questa associazione
pro-vita, Janet Thomas, ha dichiarato all'agenzia Independent Catholic News che
“l'assassinio di persone vulnerabili, innocenti, non è mai corretto, anche quando
queste persone chiedono di essere uccise”. Per la Thomas, “il signor Nicklinson sente
di voler morire a causa dei suoi handicap, come se il valore umano si misurasse dall'abilità
fisica”. “Il signor Nicklinson dice di essere stanco della sua vita e che non vede
alcuna prospettiva, ma questo lo dicono anche molte persone senza handicap, spesso
adolescenti o giovani che si buttano da un ponte, si impiccano o si gettano sotto
un treno”, ha continuato. “Molte persone a No Less Human hanno scoperto che
il loro atteggiamento di fronte alle proprie condizioni di handicap può migliorare”,
ad esempio con “l'aiuto e il sostegno della famiglia, degli amici e della comunità”.
“La società, attraverso le sue leggi contro l'omicidio e il suicidio assistito, agisce
a favore della vita”, ha concluso l’esponente di No Less Human. (M.G.)