2010-07-23 12:47:43

L'Italia e il passo indietro nell'impegno in Darfur. Reazione dal mondo del volontariato


L’Italia potrebbe lasciare la missione internazionale Onu in Darfur. Non è passato infatti, per pochi voti, l’emendamento presentato nei giorni scorsi dal Pd alla Camera sul prolungamento della presenza italiana nella tormentata regione sudanese, teatro della più grave crisi umanitaria in atto nel mondo. “Una decisione politica sbagliata che arriva in una fase delicata del conflitto nel paese africano”, commenta Antonella Napoli, presidente di “Italians for Darfur”, Associazione da anni impegnata in progetti umanitari e nella promozione dei diritti umani. Paolo Ondarza l’ha intervistata:RealAudioMP3

R. – Si è passati dal provvedimento di sei mesi fa, che prevedeva un impegno di quasi sei milioni di euro, a poco più di 200 mila euro: è chiaro che non c’è più una volontà di dare un supporto alla missione in Darfur.

D. – In realtà, però, i sei milioni di euro facevano parte di una misura straordinaria decisa dall’Italia in accordo con l’Unione Africana. Dopo sei mesi, e quindi ora, era previsto un ritorno allo stato precedente il 2010, con sole tre unità presenti in Darfur…

R. – Il problema è che nemmeno la prima fase della missione è stata eseguita così come era stato previsto dal finanziamento. Perché ci sono stati problemi per i visti di alcuni nostri militari, che avrebbero dovuto recarsi in Darfur a portare due velivoli e garantire la fase finale del dispiegamento della missione di pace. A quanto ne sappiamo, questi visti non sono arrivati perché c’è stato ostruzionismo da parte del governo, e quindi finora non c’è stato un vero impegno italiano per il Darfur. Noi abbiamo condotto una battaglia assieme a parlamentari sia del centrosinistra sia del centrodestra… Purtroppo, l’emendamento che avrebbe potuto grantire il mantenimento della missione, non è passato per due voti. Per fortuna, manca ancora un passaggio: per l’approvazione in via definitiva, il rifinanziamento deve passare in Senato. Quindi, la nostra speranza è che qualcuno si ravveda e dia l’esempio, perché in questo momento è importante anche dare un segnale alla comunità internazionale, che il Darfur non è una crisi in fase di soluzione, assolutamente.

D. – In proposito: qual è la situazione, oggi?

R. – Il conflitto è nella fase più cruenta. Negli ultimi due mesi, le vittime sono state oltre un migliaio, per la maggior parte vittime civili. Ci sono oltre 300 mila vittime, due milioni e 800 mila di sfollati accolti nei campi sia in Darfur, sia in Ciad. in quattro milioni e mezzo dipendono esclusivamente dagli aiuti umanitari. E’ un conflitto che ha bisogno di essere pacificato, e questo può avvenire soltanto se c’è una missione di pace forte.







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