Sud d'Italia sempre più povero. Mons. Bregantini: non si vuole risolvere la questione
meridionale
Dal Mezzogiorno continuano ad arrivare pessimi segnali sul fronte dell’economia. Secondo
il Rapporto Svimez, l’Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno, presentato oggi,
una famiglia meridionale su cinque non ha i soldi per andare dal medico. Forte preoccupazione
anche per l’aumento dei senza lavoro. Per il presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, serve una ''profonda modifica'' delle politiche di sviluppo per il Sud.
Alessandro Guarasci:
Un Mezzogiorno
in recessione, colpito duramente dalla crisi nel settore industriale, che da otto
anni consecutivi cresce meno del Centro-Nord. Cosa, questa, mai avvenuta dal dopoguerra
a oggi. Lo Svimez dice che il Pil nel 2009 “è tornato ai livelli di dieci anni fa”.
Basta pensare che nel 2008, nel 30% delle famiglie al Sud sono mancati i soldi per
i vestiti, e 8 su 100 hanno rinunciato a beni alimentari essenziali. Un meridionale
su tre è a rischio povertà. Due le cause principali di questa recessione: investimenti
che rallentano e famiglie che non consumano. Queste ultime, infatti, hanno ridotto
al Sud la spesa del 2,6% contro l'1,6% del Centro-Nord. Mentre gli investimenti industriali
sono crollati del 9,6% nel 2009, dopo una già marcata flessione nel 2008. Ne consegue
che il tasso di disoccupazione effettivo è del 24%, e in 20 anni sono state 2 milioni
e 400 mila le persone che sono state costrette a emigrare. Il Sud, quindi, per lo
Svimez, diventa una vera frontiera, che rende più che mai urgente la realizzazione
di grandi infrastrutture dei trasporti, altrimenti l’economia non decollerà mai. Ma
i costi sono salati: 49 miliardi di euro, di cui 11 miliardi già disponibili e quasi
38 da reperire, da dedicare al potenziamento dell'Autostrada Salerno-Reggio Calabria
e della Statale "Jonica"; la realizzazione di nuove tratte interne alla Sicilia; l'estensione
della 'Alta Capacita' ferroviaria; il ponte sullo stretto. Anche i servizi sono carenti:
meno banche, meno sportelli, grandi problemi per l'accesso al credito. Poi, il progetto
della Banca del Sud, per lo Svimez, va rivisto perché rischia di essere poco efficace.
Per
un commento sul Rapporto Svimez, ascoltiamo mons. Giancarlo Maria Bregantini,
arcivescovo di Campobasso - Boiano e presidente della Commissione Cei per i problemi
sociali e il lavoro, la giustizia e la pace. L’intervista è di Sergio Centofanti.
R. – Il primo
sentimento che si prova davanti a questi dati è la tragica conferma che i numeri danno
ragione al cuore, perché tutti i giorni – anche oggi, in questo momento – le sale
di attesa dei vescovi sono gremite di persone che chiedono lavoro o che comunque domandano
un aiuto, un’assistenza … Intrecciando questi dati con quanto fanno le Caritas e le
parrocchie, la situazione è sempre più allarmante. E questi dati confermano che il
cuore, purtroppo, ha ragione: e cioè che il mondo del Sud è sempre più impoverito,
…
D. – Perché non si riesce a risolvere la questione meridionale?
R.
– Per due grandi ragioni: la prima è che non si vuole. Cioè, la questione meridionale
la si rimuove ormai da tanti decenni, e non la si vuole affrontare perché affrontarla
vuol dire rendere la questione meridionale questione ‘nazionale’, e questo non lo
si vuole fare; perché è più comodo pensarla problema ‘settoriale’. In realtà, ha ragione
don Sturzo: la questione meridionale sarà risolta solo quando essa diventerà questione
‘nazionale’, che è poi il grande appello che già nel 1989 e tre mesi fa i vescovi
hanno ribadito: “Il Paese non crescerà se non insieme”. E la seconda causa è purtroppo
legata anche ad alcune disfunzioni culturali e anche religiose e spirituali che la
gente del Sud si porta dietro, per cui il peggior nemico del Sud non è la mafia, ma
è non credere al proprio futuro, il non essere forti nella propria identità … In fondo,
quello che la Lega, in positivo, ha compiuto a Nord, è stato dare identità alle regioni
del Nord. Però, la Lega ha poi compiuto un errore, che è quello di isolare il Nord
dal Sud. Al Sud occorrerebbe una ripresa di dignità e di coraggio, in modo che possa
prendere in mano la propria storia per renderla il più possibile affrontabile e risolvibile.
Perciò, il mondo politico deve sentire il Sud come una questione dell’Italia, non
del Sud; d'altra parte, la gente del Sud deve sentire la propria storia come propria,
prendendola in mano fino in fondo.
D. – Una delle grandi piaghe del
Sud - denunciata dai vescovi - è il "cancro" della mafia. Tuttavia, ammonisce la Cei,
la mafia sta rialzando la testa, mentre l’attenzione si abbassa e anche la società
civile fa fatica a scuotersi …
R. – E’ tristemente vero e tragicamente
confermato dagli arresti di cinque-sei giorni fa, a proposito della ‘Ndrangheta, dove
l’aver arrestato 300 persone, molte di loro a Nord, ha confermato che ciò che si era
pensato fosse un problema del Sud in realtà è un problema di tutti. E poiché è mancato,
da parte del Nord e anche dello Stato, la coscienza che il problema della lotta alla
mafia è un problema di tutti e lo si è delegato o affidato – tristemente – alle regioni
meridionali, non averlo affrontato insieme, in alleanza, ha permesso alla mafia di
estendersi, non solo: ma di capire che gli investimenti migliori per loro sono a Nord.
La mafia pensa al Sud ma investe al Nord.
D. – Quali le speranze per
il Sud?
R. – Le speranze del Sud sono tante, perché da credente si vede
che laddove il Signore mette alla prova, dà anche la risposta. Mentre il Sud ha i
suoi drammi, ha anche laici coraggiosi, preti che hanno dimensione vitale, vescovi
che sanno alzare la voce, Chiese che sanno rendersi belle per tante vocazioni … Non
tutto ciò che è fatica è abbandonato, ma la prova, alla fine, fa vedere di più l’oro,
come dice San Pietro. Ecco: questo è il punto di riferimento. E poi, in questo momento
credo che sia importante anche che tutti ci rendiamo consapevoli che non ci sono problemi
localizzati, ma proprio per l’ottica della globalizzazione, ormai i problemi di un
luogo diventano i problemi nostri. E quindi insieme, e soltanto insieme, è possibile
risolverli.