2010-07-12 15:11:05

Vero culto di Dio è cessare di fare il male e imparare a fare il bene: la Parola della liturgia odierna


Vero culto di Dio è cessare di fare il male e imparare a fare il bene: la comunità ecclesiale è chiamata ad ascoltare questa Parola che ci propone la liturgia odierna. Un’esortazione che il Papa non smette di rilanciare: è l’invito alla coerenza, a non creare fratture tra vita e fede. Il servizio di Sergio Centofanti:RealAudioMP3

Nella prima lettura odierna il profeta Isaia fustiga la religiosità esteriore, facendosi voce di Dio che grida a quanti hanno corrotto la fede: “Perché mi offrite i vostri sacrifici senza numero? … Smettete di presentare offerte inutili … non posso sopportare delitto e solennità … anche se moltiplicaste le preghiere io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi … cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia”. Il Papa ricorda che talora la nostra religiosità è intrisa dell’avidità dei mercanti del Tempio. Ne esce una tragica controtestimonianza:

“Tutto ciò deve oggi far pensare anche noi come cristiani: è la nostra fede abbastanza pura ed aperta, così che a partire da essa anche i ‘pagani’, le persone che oggi sono in ricerca e hanno le loro domande, possano intuire la luce dell’unico Dio, associarsi negli atri della fede alla nostra preghiera e con il loro domandare diventare forse adoratori pure loro? La consapevolezza che l’avidità è idolatria raggiunge anche il nostro cuore e la nostra prassi di vita? Non lasciamo forse in vari modi entrare gli idoli anche nel mondo della nostra fede? Siamo disposti a lasciarci sempre di nuovo purificare dal Signore, permettendoGli di cacciare da noi e dalla Chiesa tutto ciò che Gli è contrario?” (Omelia, 16 marzo 2008)

Il Salmo 49 ci ricorda che “chi offre la lode in sacrificio” onora in modo autentico Dio, mentre Gesù, nel Vangelo secondo Matteo, afferma che “chi avrà tenuto per sé la propria vita, la perderà, e chi avrà perduto la propria vita” per causa sua, la troverà. La Croce di Cristo è il vero sacrificio, i veri adoratori si conformano a Lui:

“Solo ‘l’amore sino alla fine’, solo l’amore che per gli uomini si dona totalmente a Dio, è il vero culto, il vero sacrificio. Adorare in spirito e verità significa adorare in comunione con Colui che è la verità; adorare nella comunione col suo Corpo, nel quale lo Spirito Santo ci riunisce”. (Omelia, 16 marzo 2008)

“Non prenderò vitelli dalla tua casa, né capri dai tuoi ovili” leggiamo nel Salmo: la vera novità della fede non è quanto facciamo noi, ma quanto ha fatto il Signore:

“Il cristianesimo non è un moralismo, non siamo noi che dobbiamo fare quanto Dio si aspetta dal mondo, ma dobbiamo innanzitutto entrare in questo mistero ontologico: Dio dà se stesso, il suo essere, il suo amare precede il nostro agire e nel contesto del suo Corpo, nel contesto dello stare in Lui, identificati con Lui, nobilitati con il suo Sangue, possiamo anche noi agire con Cristo. Ma l’etica è conseguenza dell’essere … dobbiamo solo agire secondo la nostra nuova identità. Non è più un’obbedienza esteriore, ma una realizzazione del dono del nuovo essere”. (Discorso, 13 febbraio 2010)

Il Vangelo sottolinea che Gesù non è venuto a portare la pace sulla terra ma la spada, la spada di una Parola di verità:

“Senza verità la carità scivola nel sentimentalismo. L'amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell'amore in una cultura senza verità. Esso è preda delle emozioni e delle opinioni contingenti dei soggetti, una parola abusata e distorta, fino a significare il contrario”. (Discorso, 29 gennaio 2010)

Il vero culto a Dio – afferma Isaia – è questo: soccorrere l’oppresso, rendere giustizia all’orfano, difendere la causa della vedova. E il primo atto della giustizia – ricorda il Papa – è riconoscersi peccatori. Gesù, tuttavia, di fronte al continuo fallimento degli uomini, non viene a condannare ma a salvare:  
“Egli non viene come distruttore; non viene con la spada del rivoluzionario. Viene col dono della guarigione. Si dedica a coloro che a causa della loro infermità vengono spinti agli estremi della loro vita e al margine della società. Gesù mostra Dio come Colui che ama, e il suo potere come il potere dell’amore. E così dice a noi che cosa per sempre farà parte del giusto culto di Dio: il guarire, il servire, la bontà che risana”. (Omelia, 16 marzo 2008)







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