Rapporto Ocse: 17 milioni di disoccupati in più dal 2007
Nei Paesi aderenti all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico
(Ocse), il tasso di disoccupazione è cresciuto nel primo trimestre del 2010 fino all'8,7%.
Si tratta della percentuale più alta del dopoguerra che, tradotta in numeri, porta
i disoccupati ad un aumento di 17 milioni di persone. E’ quanto emerge dal rapporto
‘Employment outlook 2010’ presentato oggi a Parigi dall’Ocse. “La ripresa – si legge
nel dossier - non sembra essere abbastanza vigorosa per riassorbire rapidamente gli
attuali alti livelli” di disoccupazione. Il tasso di disoccupazione dei Paesi Ocse,
tra cui Stati Uniti, Australia, Italia e Germania, dovrebbe ancora essere “al di sopra
dell'8% alla fine del 2011”. Il tasso di disoccupazione è cresciuto in media del 2,9%
da dicembre 2007 a marzo 2010, ma l’impatto è stato disomogeneo nei diversi Stati.
Agli aumenti considerevoli di Irlanda (+8%) e Spagna (+10%), si contrappongono gli
incrementi inferiori di Germania, Austria, Belgio, Norvegia e Polonia. La perdita
di posti di lavoro, rileva ancora l’Ocse, è stata “sproporzionatamente ampia per alcuni
tipi di impiego e settori”. Tra questi vengono indicati “l’edilizia, i lavoratori
a termine e quelli con competenze basse, i giovani”. Inoltre, cosa “inusuale”, “l'occupazione
è diminuita più tra gli uomini che tra le donne, probabilmente a causa della natura
settoriale della recessione”. Si è dimostrata poi “molto ampia” la differenza nel
rischio di perdere il lavoro tra assunti a tempo determinato e indeterminato, mentre
“l'occupazione per gli autonomi è calata quasi quanto quella dei dipendenti”. Presentando
il rapporto il segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, ha dichiarato infine che
la priorità per i governi è “di creare nuovi posti di lavoro”. “Ridurre la disoccupazione
e il deficit pubblico allo stesso tempo - ha aggiunto - è una sfida notevole ma deve
essere affrontata fin da ora”. “Nonostante i segni di ripresa nella maggior parte
dei Paesi – ha concluso Angel Gurria - rimane il rischio che milioni di persone possano
perdere contatto con il mondo del lavoro”. (A.L.)