Spagna: i vescovi dicono no all’entrata in vigore della nuova legge sull’aborto
È prevista per oggi, in Spagna, l’entrata in vigore della nuova legge sull’aborto.
La normativa “sulla salute sessuale e riproduttiva” – lo ricordiamo - prevede la possibilità
di interrompere la gravidanza liberamente fino alla 14esima settimana e in particolari
condizioni, quali rischi per la salute della madre o malformazione del feto, fino
alla 22esima settimana. La legge permette anche alle minorenni di abortire senza il
consenso dei genitori, con l’obbligo però di informarli a meno che non vi sia il rischio
di conflitto familiare e quindi di violenza domestica. Inoltre, sarà possibile interrompere
la gravidanza anche oltre le 22 settimane se dovessero essere rivelate anomalie del
feto quali malattie estremamente gravi o incurabili, dietro parere favorevole di una
commissione di specialisti. Una normativa molto discussa, che ha suscitato una reazione
decisa da parte della Chiesa. In una nota diffusa stamani, infatti, la Conferenza
episcopale spagnola (Ces) ricorda che “si tratta di una legge oggettivamente incompatibile
con la giusta coscienza morale, e in particolare con quella cattolica, poiché dal
punto di vista etico peggiora la legislazione vigente in tre modi”. Modi che i vescovi
spiegano in dettaglio. “Innanzitutto – si legge nella nota – la legge considera l’eliminazione
della vita del nascituro come un diritto della gestante durante le prime 14 settimane
di gravidanza, lasciando praticamente senza alcuna difesa la vita umana, proprio nel
periodo in cui si verificano la maggior parte degli aborti”. In secondo luogo, i presuli
sottolineano come la nuova normativa “stabilisca un concetto di salute talmente ambiguo
da equivalere all’introduzione di indicazioni sociali ed eugenetiche come giustificazione
legale dell’aborto”. Infine, la legge “impone, nel sistema educativo obbligatorio,
l’ideologia abortista e di genere”. Poi, la Ces rimanda alla dichiarazione resta nota
dalla Commissione permanente il 17 giugno 2009: in essa, i vescovi spagnoli spiegavano
di voler parlare “a favore di coloro che hanno il diritto di nascere e di essere accolti
con amore dai loro genitori, a favore delle madri che hanno il diritto di ricevere
il sostegno sociale e statale necessario per evitare di diventare vittime dell’aborto,
a favore della libertà dei genitori e delle scuole, per dare ai ragazzi una formazione
affettiva e sessuale in accordo con le loro convinzioni morali, in modo da essere
pronti a diventare genitori a loro volta e ad accogliere il dono della vita e, infine,
a favore di una società che ha il diritto di fare affidamento a leggi giuste, che
non confondano l’ingiustizia con il diritto”. (I.P.)