2010-07-01 14:39:19

Indonesia: per la Chiesa il governo non deve dare spazio ai gruppi islamici radicali


“I radicali del Fpi (“Front Pembela Islam”, Fronte islamico di difesa), stanno approfittando della debolezza del governo centrale, scosso da scandali di corruzione e malgoverno, che toccano i vertici politici, finanziari, militari. Per questo i militanti islamisti hanno rialzato la testa e ritrovato spazio. Il governo stesso li teme e si fa condizionare: i radicali contano anche su appoggi nel mondo politico”: lo dice all’agenzia Fides padre Emmanuel Harjito, sacerdote della diocesi di Giacarta e direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Indonesia, commentando gli ultimi sviluppi della “campagna islamica contro la cristianizzazione del Paese” lanciata a Bekasi (cittadina nei pressi di Giacarta) da diversi gruppi islamici radicali, guidati dal Fpi.  Padre Emmanuel spiega: “Si tratta di militanti spesso violenti, che fomentano apertamente l'ostilità contro tutti i cristiani. Chiediamo al governo di fermarli e di garantire la libertà di culto e di fede a tutte le comunità religiose. E’ una questione di giustizia e rispetto dei diritti fondamentali”. L’allarme per la campagna dei gruppi islamisti è giunto al “Centro di crisi” della Conferenza episcopale. Il padre gesuita Ignazio Ismartono, responsabile del Centro, spiega che “la linea della Chiesa è questa: non reagire da soli alle provocazioni dei radicali, ma cercare sempre la comunione ecumenica e la piena armonia e collaborazione di altri leader religiosi, a partire dai musulmani. Inoltre cerchiamo di agire sempre in cooperazione con tutti gli altri organismi della società civile, con le organizzazioni per la tutela dei diritti umani e con i partiti politici che difendono la democrazia. Tutti, in queste ore, stanno condannando l’approccio settario del Fpi, rinnovando l’assunto che la società indonesiana è basata sul motto ‘unità nella diversità’, esprimendo fedeltà ai cinque principi del Pancasila che sono alla base della convivenza civile. “Va notato – continua padre Ismartono – che alle radici della questione mi sembra vi sia un problema che tocca i rapporti fra gruppi islamici e gruppi cristiani protestanti, nelle rispettive sfere di azione e di influenza. Inoltre alla base c’è la questione dei rapporti umani e di rispetto dell’altro”. “Ogni comunità religiosa –  rimarca il gesuita – non dovrebbe propagare la propria fede in modo fanatico: questo approccio non fa altro che creare una reazione di fanatismo in altre comunità. E’ un circolo vizioso a cui bisogno sottrarsi. Oggi l’importante è lasciare raffreddare le tensioni e sperare che, grazie al buon senso, tutto rientri nei binari della convivenza pacifica”. Intanto cresce l’opposizione della società indonesiana al Fpi: oltre a diverse organizzazioni civili, una coalizione formata da membri di diversi partiti presenti nella Camera dei Rappresentanti ha chiesto ufficialmente al Presidente  Susilo Bambang Yudhoyono di fermare l’azione del Fpi e di dichiararlo “organizzazione illegale”. Il Fpi, si rimarca, è implicato in troppi incidenti violenti e vi sono prove schiaccianti per incriminarlo. (R.P.)







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