2010-06-30 15:30:20

Il ricordo un anno dopo della strage di Viareggio nelle parole dell'arcivescovo di Lucca, Italo Castellani


Ieri sera alle 23.50, Viareggio si è fermata per ricordare la strage di un anno fa, quando 32 persone morirono per l’esplosione di un vagone ferroviario carico di Gpl. La cittadina ha ricordato i suoi morti nella strada vicina alla ferrovia, via Ponchielli, dove abitavano la gran parte delle vittime, dopo un corteo per le strade del centro e una preghiera interreligiosa allo stadio dei Pini. Su richiesta dei parenti delle vittime non erano presenti rappresentanti delle Istituzioni nazionali. Il presidente della Repubblica, Napolitano, in un messaggio ha rivolto un pensiero “commosso” alle 32 vittime. E’ stata conferita la cittadinanza italiana ad una ragazza marocchina, Ibtissam Ayad, di 22 anni che ha giurato sulla Costituzione italiana inviata dal presidente Napolitano. Nella strage di un anno fa, perse tutta la famiglia. Al microfono di Luca Collodi, il ricordo dell’anniversario della strage di Viareggio nelle parole di mons. Benvenuto Italo Castellani, arcivescovo di Lucca, presente ieri sera a Viareggio.RealAudioMP3  
R. – Queste ferite la gente le sente vivere sulla propria pelle. La città piange, quindi fa memoria dei propri morti e feriti, ma a me sembra che abbia la passione, la forza per vivere questo momento, la fede anche per chiedere giustizia, senza rancore e cattiveria. Io questo lo colgo nel cuore della gente, al di là di quello che può apparire dalla stampa. Non c’è rancore, non c’è cattiveria nella gente, soprattutto nelle famiglie che hanno perso le persone care, ma vivono nella consapevolezza del valore assoluto della persona e delle vite umane. Questo è il senso profondo di questa ferita aperta e anche di alcune divisioni che in questo momento emergono con una certa forza.

D. – Il primo anniversario della strage di Viareggio è ricordato anche nella preghiera. Lei che cosa ha detto alle persone che sono state colpite da questo dramma?

R. – Prendo spunto proprio dall’incontro a casa di Marta e Maria, nella casa di Lazzaro, dove Marta dice a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto”. Partendo da questo messaggio e dalla Parola di Dio, invito la mia gente a ripartire da quei volti di bambini, di giovani, ragazze, donne, donne mature, anche stranieri, che qui avevano trovato rifugio e cittadinanza, a consegnarsi al Dio della vita. E nello stesso tempo, invito questo mio popolo, che porta nel corpo e nell’anima i segni indelebili di quella notte, che porta sofferenza, paura e angoscia e mutilazioni, a imparare da Gesù la pazienza degli umili, dei semplici, dei poveri. Pazienza che non è rassegnazione – in fondo, anche Gesù non si è mai rassegnato – ma la capacità di resistere ad una situazione terribile senza perdere dignità e coraggio e di saper soffrire senza arrendersi. Quindi dire, sì, al Signore: “Signore se fossi stato qui”, però con speranza. E invito la mia comunità a trovare risposta e senso proprio in Gesù Resurrezione e Vita. Gesù ha rotolato la tomba del sepolcro e da lì in poi è scaturita la resurrezione e la vita per ciascuno di noi.

D. – Che cosa ci deve insegnare questa tragedia e queste 32 persone morte?

R. – A me sembra che la lezione di vita che emerge fin dal primo momento, e continuamente, sia quella di una grande solidarietà della gente verso i propri vicini, verso le persone che hanno avuto queste grosse ferite nell’anima e nel corpo. Poi, ho visto sin dal primo momento ancora la gratuità di tanto volontariato e la professionalità nel lavoro. Penso a tutti coloro che hanno portato soccorso. E ho visto scaturire da questa tragedia un forte senso della comunità, sia ecclesiale che civile, e la fede, scaturita con spontaneità: significa che c’è nelle radici una profondità di cuore dei viareggini. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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