2010-06-29 13:08:48

La finanza tuteli le fasce deboli: la testimonianza di suor Giuliana Galli, vicepresidente della Compagnia di San Paolo


Il 29 giugno di un anno fa, Benedetto XVI firmava l'Enciclica "Caritas in Veritate". Tra i richiami forti del documento anche l'esortazione a porre l'etica al centro delle dinamiche economiche e finanziarie. Una questione fondamentale secondo suor Giuliana Galli, che nei giorni scorsi è stata eletta dal Consiglio Generale della Compagnia di San Paolo vicepresidente della fondazione torinese, principale azionista di Intesa Sanpaolo. Suor Giuliana Galli, intervistata da Bernard Decottignies, sottolinea come nell’attuale fase economica segnata dalla crisi, sia necessario trovare possibili soluzioni per superare difficoltà sociali e aiutare le persone più bisognose:RealAudioMP3  
R. – Ho preso i voti al Cottolengo 50 anni fa e, in forza di questo mio essere suora del Cottolengo, dopo aver lavorato per 50 anni con le persone in stato di bisogno, due anni fa sono stata nominata al Consiglio della Compagnia di San Paolo. Sono entrata così a far parte di questo mondo della finanza, ma con un particolare interesse: le fasce deboli. Sono entrata infatti a far parte soprattutto della Commissione per i Servizi sociali. 
D. – Come mai questa banca s’interessa al sociale, alle nuove povertà?

R. – L'origine della Compagnia di San Paolo è datata 1563 e la Compagnia serviva proprio a confrontarsi con i bisogni della società. La vocazione fondamentale – e la più importante – è quella del servizio alle persone in stato di bisogno. La banca è una cosa, la Compagnia è un’altra. C’è collaborazione tra i vertici delle due grandi istituzioni, però ciascuna ha un proprio cammino.

D. – Non ha paura che la banca tradisca le opzioni, le scelte etiche della Compagnia?

R. – No. E’ un fatto che ciascuna istituzione umana è strumento e, come ogni strumento, può essere usato nel bene e nel male o magari semplicemente nell’indifferenza rispetto a quelli che erano i loro principi fondamentali. Se però ci si ferma di fronte alla paura che un qualcosa di male possa accadere, laddove dovrebbe essere compiuto il bene, allora non ci si muove più e questo non va bene. Non compiere il bene è già male. Con un occhio al compito e con un occhio al volere di Dio, si può camminare.

D. – Di fronte alla crisi finanziaria mondiale ha un appello da fare?

R. – Io sono là per compiere quanto posso, come posso, con un occhio vigile a quello che la Provvidenza mi presenterà ogni giorno. Le lettere che giungono alla Compagnia ed anche a me sono lettere di drammatico appello all’aiuto. L’occhio, adesso, è a queste persone, che aspettano da noi un sostegno per poter vivere dignitosamente in questo momento di grande crisi.







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