2010-06-28 15:02:49

"L'ultimo volo", il documentario di Folco Quilici cerca la verità sull'abbattimento dell'aereo di Italo Balbo nel 1940, con a bordo il padre dello scrittore


Il 28 giugno del 1940 precipitava a Tobruk, nella Libia coloniale, l’aereo di Italo Balbo. Caso ancora misterioso di “fuoco amico”, il tragico incidente non ha mai smesso di animare le interpretazioni degli storici italiani. Anche quella del documentarista Folco Quilici che perse in quell’occasione il padre e che in sua memoria ha girato “L’ultimo volo”, prodotto da Cinecittà Luce, in onda questa sera in seconda serata su Rete Quattro di Mediaset. Il regista già si concentra sul nuovo progetto dedicato ai festeggiamenti del 150.mo dell’unità d’Italia. Il servizio di Luca Pellegrini:RealAudioMP3  

L’Italia di settanta anni fa e un fatto che ne ha cambiato il corso storico: sui cieli di Tobruk, nella Libia allora colonia Italia, precipitava l’aereo di Italo Balbo, comandante del fronte libico allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Storici e politologi hanno fin da quei giorni cercato di interpretare quanto accadde e perché: un “fuoco amico” che distrusse la carriera ambiziosa di un cosiddetto eroe dell’aria e molte domande che ancora non hanno ricevuto risposta, nell’ambito dell’interpretazione della storia coloniale italiana e dei tanti misfatti dell’era fascista. Ma uno studioso, che storico non è, rimase allora e ancor oggi colpito da vicino e negli affetti familiari per quel drammatico incidente: Folco Quilici, infatti, documentarista di fama, appassionato di natura, perdeva in giovanissima età il padre, che su quell’aereo era al seguito di Balbo come diligente redattore di un diario oggi gelosamente custodito. E’ cresciuto con l’incombere del mistero di quella morte e ora, attraverso un interessantissimo documentario preparato appositamente per la ricorrenza, cerca di trovare la verità della sua famiglia tra le pieghe della mancata verità di questo capitolo della storia italiana:

 

R. - Non è che cambia la storia della mia famiglia, purtroppo. E’ cambiato un po’ il destino e certamente sì, mio padre non sarebbe partito avendo 50 anni. E’ morto nella Seconda Guerra Mondiale. Tutta la famiglia sarebbe stata molto avvantaggiata ed io avrei avuto un padre che mi avrebbe guidato più direttamente di quanto, tuttavia, è riuscito a fare lo stesso.

 

D. - Lei dice che questo segmento nel suo documentario è qualche cosa di incredibilmente interessante per la storia italiana. In quale senso: che cosa sappiamo di più che non sapevamo, tramite il suo documentario, sulla storia?

 

R. - Il documentario, casomai, può essere solo uno spunto per trovare un momento molto importante: la dimostrazione che c’era una forza, in Italia, che non voleva quella guerra, che c’era una forza, in Italia, che tentava una soluzione davanti a questo fatto che tutto sarebbe stato perduto se non si fosse trovata una soluzione. Certamente, la storia d’Italia, se Balbo non fosse morto, sarebbe stata diversa. Io mi sono chiesto molte volte se mai si sarebbe arrivati al 25 luglio.

 

D. - Quilici, quei ricordi dell’Italia di settant’anni fa la riportano ad un passato più remoto, al 150.mo dell’unità italiana che quest’anno si festeggia e al quale lei dedicherà il suo prossimo lavoro televisivo. Dagli anni nei quali una retorica opprimente comunicava l’ideale di un’Italia indivisibile, al nostro tempo in cui proprio quell’ideale è colpito da frizioni e larvate contestazioni. Perché allora questa nuova proposta televisiva sull’unità d’Italia, scritta particolarmente per i giovani?

 

R. - Secondo me, ai ragazzi di oggi dovrebbero far leggere la storia dei Mille. Bisogna vedere che cos’era l’entusiasmo, il credere nell’Italia in quel momento, in maniera ingenua, in maniera certamente anche criticabile sotto certi aspetti, ma vedere quest’amore enorme del Nord per il Sud. I Mille sono quasi tutti di Bologna, Brescia, Bergamo, Como, perché c’era questo desiderio di conoscere tutti. Poi, è interessantissimo anche l’incontro con i siciliani. Ma quanto s’impara da quegli incontri. La diffidenza che diventa poi invece confidenza, che diventa una scoperta reciproca. Due mondi lontanissimi, che però scoprono di avere molto in comune.

 

D. - Ma quali sono, allora, i valori che emergono nel realizzarsi dell’unità italiana?

 

R. - Sono valori molto diversi. Chi immaginerebbe una Napoli solamente "canterina" e "pizzaiola"? Invece, Napoli arrivava, all’unità d’Italia, con l’eredità di una grossa scuola di meccanica. Avevano fatto le prime ferrovie in Italia. Oppure, la Toscana primo Stato al mondo, il Granducato di Toscana che abolì la pena di morte. Poi, soprattutto, l’agglomerarsi in un unico, enorme museo. Questa nostra ricchezza, che è unica al mondo, perché va dalla preistoria al tempo moderno, è un unico, grande patrimonio che fa sì che l’Italia, unendosi, diventi il più grande Paese al mondo che ha più patrimonio culturale, che forse è più importante del Paese che ha più soldi in banca. (Montaggio a cura di Maria Brigini)








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