2010-06-28 16:03:09

La Turchia chiude lo spazio aereo a Israele


La Turchia ha deciso di chiudere il proprio spazio aereo ad Israele, in seguito al raid della Marina israeliana del 31 maggio scorso contro un convoglio di navi che portavano aiuti umanitari a Gaza e che costò la vità a nove cittadini turchi. Lo ha riferito l'agenzia turca Anadolu, citando dichiarazioni rese dal premier Erdogan. Da parte sua, il Ministero israeliano dei Trasporti afferma di non aver ricevuto alcuna comunicazione. Ma la stampa israeliana alcuni giorni fa aveva riferito del divieto di transito ad un aereo militare israeliano, diretto in Polonia. Il servizio di Fausta Speranza:RealAudioMP3  
Non è chiaro se le disposizioni impartite da Erdogan si riferiscano solo ai velivoli delle Forze armate israeliane, o anche ai voli civili. Se fosse confermata la chiusura totale dello spazio aereo turco, la principale ripercussione per Israele sarebbe nei voli diretti all'Europa orientale. Sorvolare la Grecia comporterebbe costi maggiori. In ogni caso, il nodo vero è quello che il provvedimento rappresenta: il via ad un duro braccio di ferro tra Turchia e Israele, che viene ad aggiungersi ai problemi già ben evidenti in Medio Oriente. Problemi tra i quali campeggia oggi la minaccia nucleare iraniana: il capo della Cia, Panetta, afferma che a Teheran possono bastare due anni per la bomba atomica e poi spiega che sulle decisioni da prendere la linea di Washington non è quella di Tel Aviv: al momento, gli Usa hanno convinto Israele che è ancora il tempo della diplomazia e delle sanzioni, e non ancora quello delle armi. È chiaro che il contrasto tra Israele e Turchia viene ad inserirsi in questo contesto. Più in generale, i temi del nucleare ci portano anche su un altro fronte aperto per la comunità internazionale: quello della Corea del Nord. Se al G20 l’Iran è stato un tema scottante e ricorrente nei vari colloqui bilaterali, sulla Corea del Nord si è pronunciato per tutti Barack Obama: “il comportamento bellicoso – ha detto – è inaccettabile”. Per tutta risposta Pyongyang ha fatto sapere che rafforzerà il proprio arsenale nucleare. E ha lanciato accuse e minacce: gli Stati Uniti avrebbero portato armi pesanti nella zona demilitarizzata al confine con la Corea del Sud; armi che se non saranno ritirate velocemente provocheranno “pesanti misure militari”. Sappiamo che il presidente americano in occasione del G20 ha parlato del rischio Corea in modo molto franco con la Cina. Sulla questione iraniana la Cina, così come la Russia, si è unita alle sanzioni. Su Pyongyang non sappiamo quale linea adotterà nel prossimo futuro. 
Pakistan
Agenti di polizia e artificieri stanno cercando di stabilire le cause dell'esplosione che ad Hyderabad, nel sud del Pakistan, ha provocato almeno 18 morti e molti feriti, alcuni in gravi condizioni. Distrutti otto negozi e danneggiata una moschea a poca distanza dal luogo della deflagrazione. Sempre nel sud del Paese vicino al confine afghano, a Chaman, stamattina due autobotti con carburante destinato alle forze della Nato in Afghanistan sono andate distrutte in un incendio. Secondo i media pachistani non ci sono vittime. Mentre almeno 12 sospetti militanti islamici estremisti sono stati uccisi in una battaglia nella regione tribale di Orakzai, nel nordovest del Pakistan. I militanti hanno attaccato un posto di blocco dell'esercito che ha risposto aprendo il fuoco.

Afghanistan
Almeno 600 militari afghani e della Nato hanno lanciato oggi un’offensiva contro basi di Al Qaeda e dei talebani nella provincia orientale di Kunar, alla frontiera con l'Afghanistan, con un bilancio di almeno 30 talebani morti. Intanto, nel sud del Paese, nella provincia di Ghazni, almeno cinque persone sono morte in un attentato. Un ordigno è esploso in un luogo affollato. Mentre quattro soldati norvegesi della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) hanno perso la vita per l'esplosione di un ordigno artigianale nella provincia di Faryab, nel nord del Paese. Ieri, altri cinque militari di Oslo sono rimasti uccisi nei pressi di Meymaneh, nell'ovest del Paese.

In Kirghizistan vince il sì alla Costituzione parlamentare
Il referendum per la nuova Costituzione ispirata alla democrazia parlamentare ha riportato ieri in Kirghizistan oltre il 90% dei “sì”. In particolare, i voti a favore sono stati il 90,84%, contro il 7,84% dei “no”. L'affluenza è stata del 70%. Il Kirghizistan è reduce da una rivolta che in aprile ha portato alla destituzione del presidente, Kurmanbek Bakiev, e all'insediamento di un governo provvisorio e da recenti scontri etnici tra kirghizi e uzbeki che hanno causato un centinaio di morti. Il presidente russo Medvedev ha commentato così l'esito del voto: "Non riesco ad immaginare – ha affermato – come il modello di una democrazia parlamentare possa funzionare in Kirghizistan."

Sequestrato mercantile battente bandiera di Singapore nel golfo di Aden
Il mercantile "Golden Blessing", battente bandiera di Singapore, è stato assaltato e sequestrato da pirati somali nel golfo di Aden, nell'Oceano Indiano, tra lo Yemen e la Somalia. Lo ha reso noto il Centro per il soccorso marittimo cinese sostenendo che a bordo vi fossero 19 marinai cinesi.

Elezioni in Burundi ma con un solo candidato: l’opposizione si è ritirata
Sono tre milioni e mezzo gli elettori chiamati oggi alle urne in Burundi per le presidenziali che vedono in corsa un unico candidato, il presidente uscente, Pierre Nkurunziza. Il voto cade in un momento particolarmente delicato per il Paese africano, da poco uscito da 13 anni di devastante guerra civile, con un bilancio di 300 mila morti tra il 1993 e il 2006. Nei giorni scorsi, si sono susseguiti attacchi con bombe a mano, violenze e arresti tra i leader dell’opposizione, che a maggio non hanno riconosciuto la vittoria governativa alle elezioni comunali e si sono ritirati dalla competizione presidenziale. Stamani, c’è stato un episodio di sparatoria ad un seggio nella provincia occidentale di Bubanza. Della situazione in Burundi, parla padre Claudio Marano, missionario saveriano e direttore del Centre Jeunes Kamenge di Bujumbura, in Burundi, intervistato Giada Aquilino:RealAudioMP3  
R. – È un appuntamento che rientra nel quadro di più momenti elettorali di questo 2010. Il primo momento è stato quello delle elezioni comunali: i risultati hanno sancito un 64% al partito unico al potere. Da questo dato, tutti i partiti hanno cominciato a gridare che ci sono state delle manipolazioni e l’opposizione si è ritirata dalle elezioni presidenziali. C’erano sette, otto candidati e, per protesta, l’opposizione si è chiamata fuori. C’è però sempre stato un proseguimento nei contatti e nel dialogo tra l’opposizione, il governo, le associazioni internazionali, l’Onu, per dare la possibilità a tutti di discutere del futuro del Burundi, anche perché poi a luglio ci saranno le elezioni legislative, con i deputati e i senatori da eleggere.

D. – Questo voto è arrivato dopo anni di devastante guerra civile. Che Paese è oggi il Burundi?

R. – Durante la guerra, quelli che avevano più voce erano quelli che utilizzavano le armi. Finita la guerra, c’è sempre stato l’Fnl (Forze nazionali di liberazione) che ha continuato questo gioco fino a due anni fa. Adesso la situazione del Paese è molto grave: ci sono miseria e fame, anche a causa di realtà climatiche diversificate. La situazione politica e l’impossibilità del governo di continuare a gestire il Paese a livello economico, lavorativo, produttivo, mettono poi tutto seriamente in crisi.

D. – Come siete impegnati lei come missionario e la Chiesa locale affinché questo periodo di stallo venga superato?

R. – Ci siamo impegnati a fare tutta una serie di formazioni nelle scuole, anche con degli spettacoli teatrali, per riuscire a mettere insieme la popolazione e dire che insieme si sta meglio. Stiamo facendo dei campi di lavoro dove dei giovani Tutsi e Hutu, dei giovani di ogni partito politico si sono messi insieme e vanno a lavorare nei quartieri per dire alla gente: “Siamo insieme, lavoriamo insieme e questo potete farlo tranquillamente anche voi”. Il Burundi ha bisogno di questo. 
Russia
Circa 170 persone sono morte annegate nelle ultime due settimane in Russia – 32 nella sola Mosca – cercando refrigerio nei fiumi o nei laghi a causa del caldo che ha sfiorato a volte i 40 gradi. Diverse, secondo gli esperti, le cause delle morti: tuffi in zone profonde e pericolose, sbalzi di temperatura, uso di alcolici.

In Giappone resta il divieto di Internet in campagna elettorale
In Giappone, campagna elettorale senza Internet. Resta il divieto in vista del voto per il rinnovo del Senato previsto l’11 luglio. Il servizio di Michela Altoviti.RealAudioMP3

Secondo l’attuale legge, i candidati giapponesi non possono utilizzare forme scritte o visive per la propria campagna elettorale. Ciò significa che agli aspiranti senatori e ai singoli partiti è vietato aggiornare i propri siti e blog nel periodo che precede il voto. In particolare, netto è il divieto di utilizzare network come Twitter e la posta elettronica, giudicati da alcuni parlamentari strumenti “potenzialmente pericolosi” per i rischi legati alla diffamazione. Un'intesa bipartisan, raggiunta il mese scorso, aveva aperto le porte alla modifica delle restrizioni: modifica che si sarebbe dovuta decidere entro la sessione parlamentare conclusasi il 16 giugno scorso. Poi, c’è stata la scossa politica che ha interessato il Partito democratico con le dimissioni di fine maggio dell'ex premier, Yukio Hatoyama. L'evento ha stravolto il calendario parlamentare e impedito l'approvazione della bozza di legge per rimuovere il bando a Internet. Secondo l'intesa preliminare, la Dieta, la Camera dei parlamentari giapponesi, era pronta a togliere i vincoli all’utilizzo di blog e siti Internet in campagna elettorale. La "legalizzazione" del web a mezzo di propaganda elettorale è vista da molti come un'ultima spiaggia per riportare al voto l'elettorato giovane, sempre più distante dalla politica: nelle elezioni generali dello scorso anno, solo il 46,7% degli aventi diritto tra i 20-24 anni si è recato alle urne, contro l'85% nella fascia di età 65-69.(Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza) 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIV no. 179
 
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