2010-06-27 14:28:12

La testimonianza di un missionario in Kenya: i Mondiali di calcio in Sudafrica sono il segno di un'Africa che cambia


Un piccolo pronto soccorso in un villaggio rurale nel nord est del Kenya trasformato nel corso degli anni in un ospedale da 140 posti letto. E’ la missione di fratel Giuseppe Gaido, religioso del Cottolengo di Torino che opera da oltre un decennio in Africa come medico. La sua storia è anche uno dei segni di speranza dell’Africa dove in questi giorni, in Sudafrica, è in corso il Campionato del Mondo di calcio. Tra le squadre nazionali africane si è particolarmente distinto il Ghana, che ieri si è qualificato per i quarti di finale. Luca Collodi ha chiesto a fratel Giuseppe Gaido se i Mondiali siano davvero un segno di novità sociale, politica ed economica per il Continente:RealAudioMP3  
R. – Mi sembra che la decisione di Nelson Mandela di voler a tutti i costi il campionato mondiale di calcio in Sudafrica sia proprio un segnale dell’Africa che cambia. Un segnale di quest’Africa che sa di poter avere delle potenzialità. Io credo che il problema dell’Africa sia anche il tempo. Se noi diamo tempo, l’Africa verrà fuori. E mi piacerebbe in questo senso spezzare una lancia in favore del Continente. Penso davvero che l’Africa stia cambiando. Forse non ce ne rendiamo conto, forse siamo in qualche modo plagiati da un certo tipo di immagini mediatiche: l’Africa è sempre associata a guerre, lotte tribali, corruzione, siccità o a cose del genere. Esiste un’Africa diversa, un’Africa di gente che ha voglia di fare. Un’Africa che si rende conto delle proprie potenzialità economiche.

D.- Fratel Gaido, un medico infettivologo come può scoprire la propria vocazione missionaria?

R. – Sono stato mandato con l’idea di offrire qualche servizio sanitario in più a popolazioni rurali che non avevano possibilità di accesso alla sanità “governativa” del Kenya. Sono arrivato a Chaaria, un piccolo villaggio, con 200 anime o poco più. Il mio ruolo di medico ha in qualche modo costituito un richiamo, un tam tam, una sorta di telefono senza fili per la gente del luogo. Non mi sono mai sentito un grande medico, però forse il Signore ha avuto fiducia in me e quindi mi sono detto: Ma, sarà casuale che sono qui? Sarà casuale che sono l’unico medico nel raggio di 80-90 chilometri quadrati? Sarà casuale che questa gente comunque non se ne va? Nel mio cuore, con la preghiera, è venuta crescendo l’idea che questa potesse essere una vocazione. Ricordandomi gli insegnamenti del Santo Cottolengo, ho deciso che nei limiti del possibile non diciamo di no a nessuno di coloro che bussano alla nostra porta. (Montaggio a cura di Maria Brigini)







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