G8 in Canada. Fmi lancia l’allarme: a rischio 30 milioni di posti di lavoro
I grandi della terra da ieri al lavoro in Canada. Primo appuntamento il G8 che si
chiude questo pomeriggio in una Huntsville blindata, dove Stati Uniti, Giappone, Germania,
Gran Bretagna, Francia, Italia, Canada e Russia hanno iniziato a confrontarsi sul
programma di lotta alla povertà. Approvato un piano di aiuti di 5 miliardi di dollari
in 5 anni per la salute materna. Sul tavolo anche nucleare e terrorismo: stamane riunione
su sicurezza internazionale e pace nel mondo. Ma resta centrake l’economia. Il servizio
di Marco Guerra:
La seconda
giornata del vertice G8 terminerà nel pomeriggio ad Huntsville, subito dopo
i riflettori si sposteranno su Toronto, dove in serata si aprirà il quarto vertice
G20. Ma in attesa della dichiarazione finale dei lavori a otto, restano tutte
le distanze tra una parte e l’altra dell’Atlantico sulle ricette da adottare per uscire
dalla crisi. I leader del Vecchio Continente insistono sul rigore dei conti mentre
Obama sostiene la necessità di rilanciare la domanda per non soffocare i segnali di
ripresa che ''prende piede'', ma che va incanalata. Il G8 è diviso anche sulla necessità
di introdurre una tassa sulle banche fortemente voluta da Francia e Germania ma alla
quale si oppone la Russia. C’è quindi molto scetticismo e un mancato accordo – ha
avvertito ieri il Fondo Monetario Internazionale - potrebbe creare una situazione
in grado di mettere a rischio 30 milioni di posti lavoro. Il documento conclusivo
vedrà comunque gli otto grandi della terra prendere un impegno per la tutela della
maternità. Atteso poi un passaggio sul terrorismo internazionale, così come sui grandi
dossier internazionali: dal Medio Oriente all'Iran, dall'Afghanistan alla Corea del
Nord. Un particolare riferimento anche alla fame del mondo che – dovrebbe affermare
la dichiarazione finale - resta ''la sfida pressante'' del pianeta.
Marina
Tomarro ha raccolto una riflessione sui temi al centro del G20 del prof.Stefano Zamagni, economista dell’università di Bologna, alla luce del messaggio
dell’Enciclica sociale "Caritas in Veritate", ad un anno dalla pubblicazione:
R. -
Nell’ultima parte dell’Enciclica, nell’ultimo capitolo, il Santo Padre parla della
necessità, anzi dell’urgenza, di arrivare ad una autorità politica mondiale di tipo
poliarchico e di tipo sussidiario. Attenzione, però: il Papa non parla del governo
mondiale, che è tutt’altra cosa! Il Papa parla di autorità politica mondiale e dice:
“La globalizzazione ha reso uniformi o meglio universali i mercati del lavoro, dei
capitali, delle merci, però non ha fatto altrettanto per quanto riguarda i livelli
di autorità, che sono rimasti basicamente nazionali". Ebbene, oggi ci sono problemi
nuovi che possono essere risolti solo se si arriverà ad una autorità politica mondiale.
Il Papa aggiunge poi che questa autorità politica deve essere di tipo poliarchico
e soprattutto deve essere di tipo sussidiario e non centralistico. Ecco allora perché
è necessario che i partecipanti al prossimo G20 facciano tesoro di questo accorato
invito del Santo Padre per andare verso la soluzione di quei problemi che sono di
uso e di pratica comune. Pensiamo ai commons, ai beni di uso comune. Nessuna autorità
nazionale potrà mai risolvere il problema dei commons.
Medio Oriente Ieri
giornata nel ricordo di Ghilad Shalit, il caporale israeliano da 4 anni nelle mani
di Hamas. I suoi genitori domani inizieranno una marcia che in 12 giorni li porterà
davanti alla casa del premier Netanyahu. A loro si è rivolto il presidente francese
Sarkozy che in una lettera ha sottolineato come l’assedio di Gaza non favorirà il
rilascio del figlio. Intanto nella Striscia dovrebbe arrivare una missione dell'Unione
Europea approvata da Israele.
Pakistan censura I contenuti anti
islamici del web nel mirino della giustizia pakistana. La Corte suprema di Lahore
ha ordinato la chiusura di 17 siti con l'accusa di diffondere messaggi blasfemi. I
giudici hanno anche chiesto che vengano visionati altri sette portali, tra cui Yahoo
e YouTube. Alla luce del provvedimento giudiziario il governo ha posto sotto osservazione
sette tra i più popolari siti Internet: Google, Yahoo!, YouTube, Msn, Hotmail, Amazon
e Bing. I funzionari dell'Autorità delle telecomunicazioni sono stati convocati al
ministero dell’Informazione il 28 giugno per mettere a punto l’attività di monitoraggio.
Afghanistan Un'azione
combinata dell'esercito afghano e delle forze internazionali ha portato ieri all’individuazione
e alla successiva uccisione di uno dei leader dei talebani nella provincia settentrionale
di Logar, in Afghanistan. L'uomo, Ghulam Sakhi, in abiti femminili, stava cercando
di scampare alla cattura. Sorpreso nel suo tentativo di fuga, ha estratto una pistola
e lanciato una granata contro i soldati che hanno risposto al fuoco uccidendolo. L'esplosione
ha causato il ferimento di una donna e due bambini. Sakhi, protagonista degli attacchi
con gli ordigni artigianali che hanno causato centinaia di vittime, imboscate e assalti
a colpi di arma da fuoco nella provincia di Logar, era considerato responsabile anche
del rapimento e dell’uccisione di un alto dirigente della sicurezza afghana.
Kirghizistan Vigilia
di referendum costituzionale oggi in Kirghizistan. Il Paese centroasiatico, devastato
nelle ultime settimane dagli scontri interetnici costati centinaia di vittime e migliaia
di sfollati. Oltre due milioni di elettori saranno chiamati a riformare il sistema
istituzionale retto, da aprile scorso, dal governo ad interim di Roza Otunbàieva,
insediatosi dopo la rivolta che ha deposto il presidente Bakiev. Nella nuova bozza
costituzionale, più poteri al Parlamento e più diritti al cittadino. Ma sul voto pesa
la minaccia di violenze: i militari controllano il territorio anche se il coprifuoco
è stato revocato. Per una valutazione di questo delicato appuntamento elettorale,
Gabriella Ceraso ha parlato con Fulvio Scaglione, vice direttore di
"Famiglia Cristiana" ed esperto di Europa orientale:
R. –
L’intenzione del premier ad interim Roza Otunbàieva, con questo referendum, è quello
di stabilizzare la situazione facendo capire alla popolazione che c’è una volontà
di democratizzazione. Questa, però, è in qualche modo anche la sintesi dei problemi
che il Kirghizistan ha avuto dalla fine dell’Unione Sovietica, perché tutti i leader
si sono presentati come dei democratizzatori. Questo ci dice che i problemi reali
del Paese non sono tanto nella struttura istituzionale e costituzionale ma, piuttosto,
altrove.
D. – Che cosa significherebbe comunque avere una Repubblica
parlamentare in quella posizione dell’Asia?
R. – Sarebbe un bel segno,
anche per tutta la regione. Tra l’altro il Kirghizistan ha una posizione - paradossalmente,
nonostante tutti i problemi delle ultime settimane – abbastanza favorevole, perché
è un Paese che né l’Unione Sovietica né gli Stati Uniti, che sono i due grandi attori
internazionali della regione, hanno interesse a destabilizzare ma, al contrario, hanno
interesse a stabilizzare, perché hanno delle basi militari, per l’Afghanistan. Quindi,
se si riuscisse ad approfittare di questa felice congiuntura internazionale, sarebbe
davvero un bel colpo.
D. – E la Otunbàieva ha insistito molto per un
voto, per un “sì”, ovviamente. I riflessi, dall’esito di questa prova, per il suo
governo ad interim?
R. – Un successo del “sì” sarebbe, neanche tanto
indirettamente, un “sì” al suo governo, alla sua figura, al suo tentativo politico.
C’è quindi da aspettarsi che un “no” non sia tanto un “no” ad un maggiore grado di
parlamentarismo nella Repubblica, ma piuttosto un “no” a questa svolta e forse – anche
indirettamente – un “sì” al regime che è stato da poco deposto.
D. –
Ma la gente è pronta, secondo lei, ad esprimersi politicamente oppure è solo un desiderio
di pace quello che muove la popolazione?
R. – Credo che questo sia un
referendum che sta più a cuore ai vertici che non alla base. Tutti i regimi, negli
ultimi due decenni, hanno varato delle riforme costituzionali. Non credo che questo
costituisca un precedente esaltante. La popolazione ha poi altri problemi, che sono
i problemi dell’economia, la frammentazione etnica notevole. Però mettiamola così:
questo referendum alla gente, sicuramente, non può fare del male. Qualche necessità
di avere qualcosa in cui sperare c’è.
D. – E sul fronte pace e stabilizzazione,
su cui anche domenica scorsa ha insistito il Papa, potrà influire il voto?
R.
– Può in parte funzionare, ma non dimentichiamo che anche negli scontri di queste
settimane, c’è un gioco d’interessi, di clan locali, di minoranze e maggioranze etniche,
di commerci più o meno leciti che hanno giocato in maniera pesante la loro parte.
Quindi, non è che su questo referendum si possono puntare poi speranze esagerate,
sarebbe anche ingiusto.
India – Calcutta Una nave carica di armi
ed esplosivi diretta in Pakistan è stata intercettata ieri nei pressi di Calcutta
dalla polizia portuale. L'imbarcazione, che batte bandiera liberiana, proveniva dal
porto di Chittagong, in Bangladesh. La sua destinazione finale era il porto pakistano
di Karachi. La nave container è stata immediatamente bloccata per accertamenti da
parte delle autorità di sicurezza.
India – New Delhi Un grave
incidente stradale ha causato la morte di almeno 15 passeggeri di un autobus nello
stato settentrionale del Bihar. Il mezzo si è scontrato contro un camion nei pressi
del villaggio di Chenati, a una trentina di chilometri dal capoluogo Patna.
Guinea
- elezione Domani la Guinea va al voto. Le elezioni presidenziali rappresentano
un passo storico per il piccolo Paese africano, segnano infatti il passaggio ad un
governo civile e democratico dopo una lunga serie di regimi e colpi di stato militari.
Il servizio di Michela Altoviti:
Divenuta
colonia francese nel 1890, la Guinea ha raggiunto l'indipendenza per consultazione
referendaria nel 1958. Da allora fino al 1984 è stata retta dittatorialmente da Ahmed
Sékou Tourè. Poco dopo la sua morte, un colpo di Stato militare ha posto alla guida
del Paese Lansana Conte', presidente fino al suo decesso nel 2008. Anche questa volta
è con un golpe che si regolava la successione, affidata a Moussa Dadis Camara. Intanto,
nel Paese cresceva la protesta dell'opposizione democratica, sulla spinta di una società
civile molto attiva, con una forte componente femminile. Il 28 settembre 2009 una
folla di persone si è riunita allo stadio di Conakry, la capitale, per inneggiare
alla democrazia: i soldati, aprendo il fuoco, hanno ucciso almeno 150 persone. In
dicembre, Camara, gravemente ferito in un attentato, lascia il governo. A succedergli
è il generale Sekouba Konate che accetta di avviare una transizione democratica in
un Paese ancora sotto choc per il massacro dello stadio. È stato così creato in gennaio
un governo di unità nazionale alla cui guida è stato posto Jean-Marie Doré, esponente
di primo piano del gruppo di opposizione Forum. La campagna elettorale presidenziale
si è finora svolta in maniera pacifica, anche in virtù di un appello firmato a Roma
dai partiti e le forze sociali. L'intesa, siglata il 28 maggio alla Comunità di Sant'Egidio
impegna i firmatari ad accettare il responso delle urne e il futuro governo a coinvolgere
l'opposizione nel processo di ricostruzione politico ed economico del Paese. E' stato
poi deciso di affidare ad una commissione di riconciliazione nazionale il compito
di mantenere il dialogo fra le parti e di risarcire le vittime della repressione e
le violenze di un lungo passato dittatoriale. Le elezioni, finanziate dalla Comunità
Europea, saranno monitorate da centinaia di osservatori dell'Unione Africana e della
Comunità Economica dell'Africa occidentale. Se nessuno dei 24 candidati otterrà la
maggioranza si andrà al ballottaggio in luglio e il processo democratico si completerà
fra sei mesi con le elezioni parlamentari.
Russia Un giovane
giornalista televisivo, Dmitri Okkert, è stato trovato ucciso da una coltellata al
collo nel suo appartamento, a sud di Mosca. Gli inquirenti non sono al momento in
grado di definire il movente del delitto anche se la morte del giornalista potrebbe
essere legata alla sua attività professionale. Okkert aveva lavorato come corrispondente
per il programma giornalistico del canale televisivo statale e per altre tv private.
Da dicembre 2008 conduceva il tg per la business tv satellitare Expert.
Marea
Nera Negli Stati Uniti cresce la preoccupazione per l’arrivo di “Alex”, la
prima tempesta tropicale della stagione, nel golfo del Messico dove il gruppo Bp sta
cercando di ripulire le acque dalla marea nera di petrolio. Intanto l’amministrazione
di Washington ha rinnovato la richiesta di moratoria di nuove trivellazioni alla Corte
d’Appello, dopo che un giudice della Louisiana martedì scorso si era pronunciato contro
la stessa moratoria. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra e Michela
Altoviti) Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana
Anno LIV no. 177 E' possibile ricevere gratuitamente,
via posta elettronica, l'edizione quotidiana del Bollettino del Radiogiornale. La
richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.