I talebani afghani al nuovo generale Usa, Petraeus: continueremo a combattere
I talebani combatteranno fino a quando le truppe straniere non avranno lasciato l’Afghanistan.
Questo il commento dei guerriglieri del Paese asiatico il giorno dopo l’avvicendamento
ai vertici delle forze Usa e Nato tra il generale Stanley McChrystal e il generale
David Petraeus, deciso ieri alla Casa Bianca. Ce ne parla il prof. Marco Lombardi,
responsabile dei Progetti educativi in Afghanistan dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano, intervistato da Giada Aquilino:
R. - C’è una
certa continuità: l’amministrazione americana discuteva da almeno un anno dall’applicazione
della dottrina Petraeus, usata in Iraq, anche in Afghanistan e si stava cercando il
modo di adattarla. Ormai l’entrata in campo di Petraeus in Afghanistan, a sostituzione
di McChrystal, si può leggere in questo senso: “andiamo avanti come abbiamo fatto
in Iraq e quindi combattiamo gli oppositori, ma apriamo il massimo dialogo con le
istituzioni e con la popolazione locale”. Non c’è neanche una grande discontinuità
con quello che diceva McChrystal.
D. - L’ultimo mese, però, è stato il
più sanguinoso per le truppe straniere in nove anni di conflitto in Afghanistan. Perché
ora questa recrudescenza della violenza, proprio quando sta per partire l’offensiva
a Kandahar?
R. - Ci sono aspetti climatici: doveva partire puntualmente
l’offensiva talebana a maggio e così è stato. I talebani conoscono meglio il loro
nemico e conoscono perfettamente il loro Paese. Purtroppo le guerre più si allungano
più diventano difficili e sanguinose.
D. - Con l’offensiva a Kandahar
c’è da attendersi un peggioramento degli scontri?
R. - C’è da attendersi
una guerra molto pesante. E’ questa una buona ragione per concluderla velocemente.
D. - Professore, lei è appena tornato dall’Afghanistan, dove con l’Università
Cattolica lavorate ad un progetto che riguarda “le donne come motore di sviluppo”.
Di cosa si tratta?
R. - Abbiamo svolto un seminario intensivo a quindici
donne della Facoltà di giornalismo di Herat, per insegnare come si realizzano i reportage.
Queste quindici giornaliste, con le loro macchine fotografiche, hanno realizzato dei
reportage incredibili, che documentano un Afghanistan completamente diverso da quello
che siamo abituati normalmente a vedere attraverso i media.
D. - Attraverso
quali tappe passa il futuro delle donne e del Paese?
R. - Per un riconoscimento
sociale del loro ruolo. Su loro e sull’educazione bisogna puntare per far crescere
l’Afghanistan.