Amnesty: in Libia “troppe violazioni" in un Paese del Consiglio Onu per i Diritti
umani
“Arresti, detenzione a tempo indeterminato e violenze” nei confronti dei migranti,
richiedenti asilo e rifugiati. Migliaia di esecuzioni extragiudiziali. Frustate e
carcere per le donne adultere. Sparizioni forzate di dissidenti e attivisti. Oltre
500 detenuti, di cui la metà stranieri, condannati alla pena di morte. Sono alcune
delle violazioni dei diritti umani elencate nel rapporto di Amnesty International
sulla Libia, reso noto oggi, nel quale si denuncia “l’assenza di riforme, nonostante
il Paese intenda giocare un ruolo di maggior rilievo sul piano internazionale”. Amnesty
- riferisce l’agenzia Sir - condanna anche la chiusura dell’ufficio dell’Alto Commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati, “gesto che avrà un grave impatto sui rifugiati
e sui richiedenti asilo”. “Se la Libia vuole essere credibile sul piano internazionale
- ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, di Amnesty international -, le autorità devono
assicurare che nessuno sia al di sopra della legge e che tutte le persone, comprese
le più vulnerabili ed emarginate, vengano protette. La repressione del dissenso deve
cessare”. Amnesty ha accertato che le violazioni sono “commesse dalle forze di sicurezza,
in particolare dall’Agenzia per la sicurezza interna (Asi), che pare avere poteri
incontrastati di arrestare, imprigionare e interrogare persone sospettate di essere
dissidenti o di svolgere attività legate al terrorismo”. All’indomani degli attacchi
dell’11 settembre, le autorità libiche - prosegue il rapporto di Amnesty - hanno fatto
ricorso all’argomento della “guerra al terrore” per “giustificare la detenzione arbitraria
di centinaia di persone considerate voci critiche o una minaccia alla sicurezza nazionale”.
“I partner internazionali della Libia non possono ignorare l’agghiacciante situazione
dei diritti umani in nome dei loro interessi nazionali – ha sottolineato Hassiba Hadj
Sahraoui -. Come membro della comunità internazionale, la Libia ha la responsabilità
di rispettare gli obblighi in materia di diritti umani e occuparsi delle violazioni
anziché nasconderle. La contraddizione di un Paese che fa parte del Consiglio Onu
dei diritti umani e rifiuta le visite dei suoi esperti indipendenti sui diritti umani,
- conclude il responsabile di Amnesty - è stridente”. (R.G.)