Appello dell'Oms: intensificare gli sforzi per far fronte all'emergenza umanitaria
in Kirghizistan
Le autorità kirghize hanno deciso di anticipare di un mese, il prossimo settembre,
le elezioni legislative. La data esatta dello scrutinio sarà annunciata dopo il referendum
di domenica sulla nuova Costituzione. La speranza è quella di stabilizzare la situazione
del Paese centro-asiatico, teatro in questi ultimi mesi di sanguinose violenze, prima
legate al regime del deposto presidente Bakiyev, poi alle lotte interetniche con la
minoranza uzbeka nelle settimane scorse. In questi giorni, nel Paese sembra tornata
la calma ma i numeri relativi alle persone coinvolte proprio negli ultimi scontri
restano allarmanti. Per fare il punto anche sullo stato dei soccorsi, Gabriella
Ceraso ha raggiunto telefonicamente a Ginevra Giuseppe Annunziata, responsabile
del coordinamento degli aiuti di emergenza dell'Oms:
R.
– La popolazione che, direttamente o indirettamente, è stata colpita da questa crisi
si aggira intorno al milione di persone, sia in Uzbekistan che in Kirghizistan. Questo
include anche le famiglie che ricevono i rifugiati e in genere tutte le famiglie che
vivono nella stessa area, che in qualche maniera, indirettamente, sono state colpite.
D. – Quali sono le zone più critiche ad oggi, poiché
sembra che la calma sia tornata...
R. – La parte meridionale
del Kirghizistan, dove vivono ancora gruppi militari di uzbeki. Per quanto riguarda
l’Uzbekistan, nella zona di confine con il Kirghizistan, soprattutto nella zona di
Andijan, dove ci sono dei campi per rifugiati, che sono stati allestiti dal governo
uzbeko. In Kirghizistan, la situazione della sicurezza è certamente migliorata, ma
rimangono sempre dei problemi di accesso. Ci sono ancora poche organizzazioni internazionali
che sono dentro la zona del conflitto e ancora non ci sono le condizioni per verificare
con completezza quali sono i bisogni primari.
D. –
Si parla anche di devastazione, di macerie ovunque. Si continua a scavare per cercare
le vittime?
R. – Il numero delle vittime, così come
il numero dei feriti, è ancora prematuro dirlo. Ci sono i dati ufficiali che parlano
di circa duecento vittime e di circa duemila feriti, ma ci sono stati circa mille
di questi feriti, che sono stati ospedalizzati. Queste sono cifre iniziali. Per quanto
riguarda la presenza di massicce distruzioni, questi si riferiscono maggiormente a
case di privati, ma per quanto riguarda le strutture pubbliche, e soprattutto ospedaliere,
noi non abbiamo dei rapporti di devastazione, di danni. Avranno bisogno di essere
rinforzati, ovviamente, ma già i due governi stanno procedendo a fare questo e in
più stanno arrivando gli aiuti internazionali.
D. –
Ci può dare un’idea di quanti sono gli assistiti ad oggi?
R.
– Per quanto riguarda l’Uzbekistan si va dalle 70 alle 100 mila persone, che sono
attualmente in una cinquantina di piccoli campi di rifugiati. Sono due gli aspetti
da tenere presenti, per quanto riguarda l’assistenza sanitaria: molti di questi rifugiati
sono anziani, quindi si tratta di provvedere alla continuità delle cure, soprattutto
per le malattie croniche e poi c’è una speciale attenzione alle donne ed ai bambini,
perché purtroppo sono stati riportati diversi casi di violenza sessuale. Quindi, c’è
uno specifico bisogno di assistenza sia psicologica sia medica.
D.
– In generale, ci può fare un quadro di possibili sviluppi, anche sui tempi...
R.
– Siamo tutti in attesa che migliori la situazione della sicurezza. Si parla di settimane,
per il momento, in cui l’intervento umanitario sarà necessario con una velocità, con
un’intensità particolarmente alta. Quindi, la situazione poi dovrebbe nel giro di
qualche mese ritornare, più o meno lentamente, nella norma.