Israele allenta il blocco su Gaza, permessi i "beni a uso civile"
Il gabinetto israeliano per la sicurezza ha deciso di allentare la morsa attorno alla
Striscia di Gaza, approvando una serie di misure per facilitare l’ingresso di “beni
a uso civile” e di “materiali per progetti civili”. Secondo il comunicato ufficiale
del governo Netanyahu, “sarà ampliato in modo controllato l'ingresso di materiali
per progetti civili, che sono sotto supervisione internazionale”. Al tempo stesso,
però, lo Stato ebraico manterrà in vigore le misure di sicurezza esistenti per prevenire
“l’afflusso di armi e di materiali bellici” nella Striscia. In cambio di un alleggerimento
di un embargo che si protrae da 4 anni, con gravi conseguenze per la popolazione civile
palestinese, Israele ha invocato “un intervento della comunità internazionale per
l’immediata liberazione del soldato Gilad Shalit”, prigioniero di Hamas dal giugno
del 2006. Sulla decisione israeliana, Giada Aquilino ha intervistato Giorgio
Bernardelli, esperto di questioni mediorientali:
R.
– Questo è un impegno che bisognerà verificare alla prova dei fatti. Secondo me, significa
due cose: da una parte, che l’operazione contro la nave turca si è rivelata alla fine
un boomerang. Israele è costretto ora ad allentare questo blocco imposto alla Striscia
di Gaza proprio per le pressioni internazionali che arrivano da ogni parte. Il secondo
aspetto, però, è che bisognerà vedere nel concreto che cosa vuol dire questo allentamento.
Ad esempio, si è già capito che rimarrà fuori il cemento dai beni che potranno entrare
in questo modo a Gaza, e questo è un problema molto grosso. A Gaza è ancora completamente
aperta la questione della ricostruzione. C’è questo accenno al ruolo delle organizzazioni
internazionali, che poi a Gaza significa sostanzialmente l’Unrwa, che è l’agenzia
dell’Onu per i profughi palestinesi, ed è un accenno importante perché indica che
finalmente anche Israele mette al centro questo soggetto rispetto al futuro di Gaza.
In passato, invece, spesso l’ha accusato indiscriminatamente di collaborazionismo
con Hamas.
D. – Israele ha precisato che resta in vigore
il blocco navale della Striscia …
R. – Questo significa
che molto presto si riproporrà il problema delle navi turche, che magari avranno un’altra
nazionalità. Si parla già delle navi iraniane che sarebbero già partite alla volta
di Gaza: di fronte ad una prospettiva in cui si comincia davvero a ragionare sul futuro
della Striscia, anche queste azioni dimostrative che Hamas cerca di cavalcare per
i propri interessi, perderebbero molto del loro potenziale.
D.
– In questa situazione, qual è il ruolo di Hamas?
R.
– Hamas ha tutto l’interesse a far vedere che queste misure sono insufficienti, perché
appunto non si tratta solo di assicurare i beni di prima necessità per garantire la
sopravvivenza alimentare della popolazione; c’è davvero anche il bisogno di ricostruire,
di ricreare condizioni vivibili all’interno della Striscia. Il problema è che finché
questa rimane una partita a scacchi tra il governo di Netanyahu e Hamas, Gaza rimane
chiusa in un vicolo cieco. La vera scommessa – e su questo la comunità internazionale
deve davvero aggrapparsi con forza – è il ruolo delle agenzie internazionali che a
Gaza sono presenti, per fare uscire questo angolo del mondo dal vicolo cieco in cui
da troppo tempo abbiamo lasciato che si cacciasse.