Il disegno di legge sulle intercettazioni visto alla luce della Dottrina sociale della
Chiesa
In Italia, il disegno di legge sulle intercettazioni ha sollevato molti interrogativi
che, anche alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, offrono diversi spunti di
riflessione. Uno degli aspetti rilevanti della proposta di legge è legato alla privacy,
il diritto alla riservatezza di dati personali. Il dibattito riguarda in particolare
la contrapposizione tra privacy, diritto di cronaca e attività dei giudici, come sottolinea
il prof. Antonio Maria Baggio, docente di Filosofia politica all’Istituto Universitario
Sophia di Loppiano intervistato da Luca Collodi:
R.
- Per il cittadino comune non c’è da temere per la privacy. Chi accetta un ruolo importante
deve "rassegnarsi", per il bene della democrazia e della funzione di controllo, a
vedere la propria privacy ridotta. Quando uno di questi cittadini ricopre una posizione
di potere rilevante, per forza di cose, deve accettare una ragionevole riduzione della
propria privacy perché è esposto di più e deve dare esempio di virtù civili e trasparenza,
non approfittare del suo ruolo.
D. - Un altro aspetto
riguarda il diritto all’informazione, con una forte protesta che arriva dai giornalisti…
R.
- Dal punto di vista della Dottrina sociale, oltre al dovere c’è anche un diritto
all’informazione. La Chiesa ha compiuto, nei confronti della democrazia, una scelta
che definirei di tipo dottrinale. Con il radiomessaggio di Pio XII nel 1944 si "abbracciò"
la democrazia. Una cosa interessante, riandando ai motivi di questa scelta, è la descrizione
del Papa sulla situazione alla fine della seconda Guerra Mondiale: “I popoli – affermava
Pio XII – si sono risvegliati da un lungo torpore. Hanno preso, di fronte allo Stato,
un contegno nuovo, un interrogativo critico diffidente”. Questo elemento della critica
e della diffidenza è essenziale per il Papa per definire la nascita dell’atteggiamento
democratico. Oggi, noi non siamo in una situazione di guerra, però è importante ricordarsi
che il principio scelto per vivere insieme ha una componente di diffidenza basata
sull’informazione e sulla capacità di intervenire nei confronti di coloro che gestiscono
il potere. Le perplessità di fronte a questa legge sono di ordine dottrinale, di coscienza.
Non riguardano cioè la parte politica, il centrodestra che l’ha prodotta. L’impressione
è che ci sia un ceto politico che intende difendersi e questo va contro dei principi
di base della democrazia, perché si difende nel modo sbagliato: è una legge che limita
il potere d’indagine, e quindi della magistratura, e anche quello d’informazione.
D.
- Quindi, il ruolo della giustizia rischia, di fatto, una limitazione…
R.
- E’ una macchinosità che sostanzialmente toglie un potere d’indagine alla magistratura
perché, dal punto di vista della coscienza ecclesiale - quindi della dottrina sociale
cristiana - ci si deve porre delle domande. La Chiesa, nel corso del 1900, ha fatto
delle esperienze non sempre positive ma che hanno maturato una consapevolezza importante:
si è capito che bisogna difendere tutto l’uomo, altrimenti si perdono anche i diritti
religiosi. Ecco, allora, che gli strumenti della democrazia sono diventati sempre
più importanti per la Dottrina sociale cristiana. Ed ecco perché oggi si deve fare
anche una riflessione in termini dottrinari riguardo a queste leggi: non per attaccare
una parte politica, ma per mettere in rilievo i pericoli di riduzione della libertà
e dell’uguaglianza nella democrazia.