I vescovi italiani in vista della decisione della Corte europea sul crocifisso
“La presenza dei simboli religiosi e in particolare della croce, che riflette il sentimento
religioso dei cristiani di qualsiasi denominazione, non si traduce in un’imposizione
e non ha valore di esclusione, ma esprime una tradizione che tutti conoscono e riconoscono
nel suo alto valore spirituale, e come segno di un’identità aperta al dialogo con
ogni uomo di buona volontà, di sostegno a favore dei bisognosi e dei sofferenti, senza
distinzione di fede, etnia o nazionalità”. Lo afferma la Presidenza della Cei in una
dichiarazione diffusa oggi e ripresa dall'agenzia Sir, in vista dell’imminente decisione
della Corte europea dei diritti umani sul tema prevista il 30 giugno. “Intendiamo
richiamare – scrivono i vescovi - l’attenzione sull’importanza che la questione dell’esposizione
del crocifisso nelle scuole pubbliche assume in relazione ai sentimenti religiosi
delle popolazioni e alle tradizioni delle Nazioni d’Europa”. “Auspichiamo che nell’esame
di una questione così delicata si tenga conto dei sentimenti religiosi della popolazione
e di questi valori, come pure del fatto che in tutti i Paesi europei si è affermato
e si va sviluppando sempre più positivamente il diritto di libertà religiosa, di cui
l’esposizione dei simboli religiosi rappresenta un’importante espressione. Le Chiese
cristiane – si legge nella dichiarazione - favoriscono ovunque il dialogo con altre
Chiese e religioni e agiscono come parte integrante delle rispettive realtà nazionali,
che in materia di simboli religiosi conoscono normative diverse e un’autonoma evoluzione
sociale e giuridica. Una scelta non penalizzante per la simbologia religiosa – è la
conclusione - risulterebbe in linea con il principio di sussidiarietà che presiede
al rapporto tra Stati e istituzioni europee, nel rispetto delle tradizioni millenarie
di ciascun popolo e di ciascuna Nazione”. (R.P.)