A Istanbul, una Messa in memoria di mons. Padovese alla presenza di autorità musulmane.
La testimonianza di padre Lorenzo Piretto
Proseguono le celebrazioni per ricordare la figura di mons. Luigi Padovese, vescovo
e vicario di Anatolia, assassinato lo scorso 3 giugno a Iskenderun, in Turchia. Ieri
sera ad Istanbul, è stata celebrata una Messa nella cattedrale dello Spirito Santo.
Il servizio di è Davide Dionisi:
Autorità
civili e religiose si sono raccolte ieri sera in preghiera nella cattedrale dello
Spirito Santo per ricordare il vescovo e missionario cappuccino, mons. Luigi Padovese,
il vescovo mite e sapiente, “vero costruttore di riconciliazione e di pace”, come
lo ha ricordato lunedì scorso il cardinale Dionigi Tettamanzi nel duomo di Milano,
durante l’omelia della Messa esequiale. La celebrazione è stata presieduta da mons.
Louis Pelâtre, vicario apostolico di Istanbul. Tra i presenti, anche il domenicano
di origine italiana e vicario generale nella diocesi della capitale turca, padre
Lorenzo Piretto. Ascoltiamo la sua testimonianza:
R.
– La risposta è stata globale: erano tutti presenti. C’era anche il rappresentante
del sindaco di Istanbul: questo ci ha colpiti perché non avevamo mandato l’invito.
Ma poi abbiamo saputo che c’è una cristiana, anche nel comune, una signora siriano-ortodossa:
questo ci ha fatto molto piacere. Vuol dire che c’è una presenza cristiana anche all’interno
del comune di Istanbul. L’atmosfera è stata molto raccolta, è stata veramente di preghiera.
D.
– Padre Lorenzo, un suo ricordo di mons. Padovese…
R.
– Una persona sempre molto affabile, molto disponibile. Questo mi ha sempre colpito.
In particolare, la sua preparazione nel campo culturale, nel campo della Patrologia:
è stato il posto ideale per lui, perché trovarsi in questa zona della Turchia in cui
hanno vissuto San Paolo, San Pietro, forse è passata anche la Madonna, e tanti altri...
è stato davvero l’uomo giusto, soprattutto pensando all’Anno Paolino.
D.
– A che punto è, secondo lei, il dialogo interreligioso in Turchia?
R.
– Devo dire che, qualche volta, mi accusano di essere ottimista. D’altra parte, io
credo che l’ottimismo faccia parte della nostra fede cristiana. Io ho insegnato per
13 anni nella Facoltà di teologia islamica qui, a Istanbul. Sono stato a contatto
con professori e studenti e devo dire che c’è stata una risposta positiva, un desiderio
di dialogo. Anzi, gli stessi professori della Facoltà di teologia islamica ci hanno
chiesto di aprire un Centro di documentazione cristiana proprio per conoscere un po’
la nostra fede, il cristianesimo, alle sorgenti, per attingere alle fonti. Questo
è stato un fatto molto positivo. Sono venuti professori a consultare testi, anche
per scrivere delle voci relative al cristianesimo sull’Enciclopedia dell’Islam, e
alcuni studenti hanno fatto la loro tesi di dottorato e licenza con i libri della
nostra biblioteca. Sono piccoli passi, ma significativi, anche per continuare nel
futuro: vogliamo ampliare la biblioteca e questo Centro di dialogo.
D.
– Secondo lei, episodi come quello di don Santoro o di mons. Padovese, possono compromettere
questo cammino proficuo?
R. – Io penso che le persone
desiderose di un vero dialogo con noi non siano implicate in questi fatti, anzi, che
siano state molto dispiaciute. Penso proprio che chi ha compiuto questi atti voglia
invece impedire la continuazione di un dialogo, di un’apertura – soprattutto – verso
le altre religioni, in particolare verso il cristianesimo. Abbiamo ricevuto sia per
don Andrea e anche per mons. Padovese molte attestazioni di vicinanza, di solidarietà:
persone musulmane dispiaciute di questi fatti. E questo ci incoraggia ad andare avanti
con ancora maggiore speranza. A piccoli passi, però, ma bisogna che li facciamo e
continuiamo a farli con grande impegno. (Montaggio a cura di Maria Brigini)