L’immigrazione nel Mediterraneo al centro del “Migramed Forum” delle Caritas
Prende il via oggi a Valderice, in Sicilia, “Migramed Forum” il l’incontro delle Caritas
del bacino del Mediterraneo sull’immigrazione, organizzato da Caritas Italiana e dalla
delegazione regionale diretta da mons. Sergio Librizzi, direttore della Caritas di
Trapani. Al termine del Forum – riferisce una nota degli organizzatori – verrà stilata
la “Carta di Trapani”, per fare appello a istituzioni civili e comunità ecclesiale
perché “lo spazio mediterraneo sia inteso come luogo d’incontro, non di scontro e
avversione”. E in vista dell’apertura dei lavori il mensile “ItaliaCaritas” ha fornito
nuovi dati sull’immigrazione irregolare per dimostrare che, nonostante le politiche
repressive, “gli irregolari soggiornanti in Italia non sono affatto diminuiti”. Anzi,
secondo una recente ricerca curata dall’Università Cattolica di Milano, “sono aumentati
di 126 mila unità rispetto al 2009”. I “viaggi della speranza”, infatti, “riguardano
solo il 10% degli immigrati” – osserva la Caritas – mentre “la stragrande maggioranza
di loro arriva in Italia atterrando con un visto turistico” e poi, “non potendo dimostrare
di avere un impiego regolare, diventano automaticamente clandestini”. “La tentazione
di affidarsi esclusivamente alle politiche di allontanamento – commenta Oliviero Forti,
responsabile del settore immigrazione di Caritas italiana – è un’operazione a perdere,
sia per il migrante che per la società che se ne priva. Senza considerare che i respingimenti
in mare hanno sì azzerato gli sbarchi a Lampedusa, tranquillizzando l’opinione pubblica,
ma i costi umani di queste operazioni sono inimmaginabili, poiché gli "indesiderabili"
respinti sono oggi rinchiusi nelle carceri libiche, privi di garanzie minime di rispetto
dei diritti umani e soggetti a continue vessazioni”. Secondo Forti, per provare ad
alleggerire la presenza irregolare, “forse basterebbe tentare una politica dei flussi
di ingresso più realistica”, “normative meno farraginose” e “strade” rispettose dei
“diritti umani” che sostengano “i bisogni dei Paesi di origine e quelli dei Paesi
di accoglienza”. (M.G.)