2010-06-14 13:24:47

Solenni funerali nel Duomo di Milano per mons. Luigi Padovese. Il Papa: un uomo del dialogo e della riconciliazione. La Santa Sede rappresentata da mons. Farhat


Un "amato pastore" e un generoso testimone e artefice del "dialogo per la riconciliazione". Sono le parole che Benedetto XVI ha scritto nel telegramma indirizzato all'arcidiocesi di Milano nel giorno in cui la comunità ambrosiana si è stretta attorno alla salma di mons. Luigi Padovese per la celebrazione delle esequie solenni. Nel Duomo del capoluogo lombardo - città dove il vicario apostolico di Anatolia era nato 63 anni fa - il cardinale arcivescovo, Dionigi Tettamanzi, ha presieduto la cerimonia funebre in una cornice di grande partecipazione e commozione, alla presenza di 40 vescovi di varie parti d'Europa e circa 200 sacerdoti. Il nunzio apostolico per l’Italia, l'arcivescovo Giuseppe Bertello, ha letto il messaggio del Pontefice, addolorato dall’uccisione del presule, avvenuta il 3 giugno scorso in Turchia. Il servizio, da Milano, di Fabio Brenna:RealAudioMP3

 

“Il Sommo Pontefice si unisce a tutti i presenti nel raccomandare l’anima nobile di questo amato pastore all’infinita misericordia di Dio e nel rendere grazie per la sua generosa testimonianza al Vangelo e il suo fermo impegno per il dialogo e per la riconciliazione che ha caratterizzato la sua vita sacerdotale e il suo ministero episcopale”. 

 

Queste le parole di mons. Bertello al rito, concelebrato da una quarantina di vescovi e da duecento sacerdoti, in un Duomo riempito da cinquemila fedeli e dalle autorità civili. Il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, personalmente legato al vescovo ucciso, nell’omelia ha paragonato mons. Padovese al chicco di grano che, morendo, ha portato molto frutto: 

 

“Un chicco di grano che silenziosamente porta frutto è stato padre Luigi nei suoi incessanti sforzi di costruire spazi di dialogo e di incontro tra culture, tra religioni e tra gli stessi cristiani”. 

 

Nel solco di quel dialogo e azione di pace operata da mons. Padovese, riconosciuta anche in un messaggio dal cardinale Peter Erdo, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, il cardinale Tettamanzi ha avuto parole anche per la piccola Chiesa di Turchia, che vissuto spesso delle difficoltà: 

 

“Vogliamo come Chiesa ambrosiana, insieme a tutte le comunità cristiane, accogliere e affrontare la sfida di essere sempre più cosciente della vostra identità cristiana e di saper offrire, senza alcuna paura, sempre e dappertutto, la testimonianza di una vita autenticamente evangelica, amando Cristo ed ogni uomo sino alla fine”. 

 

Commosso il ricordo finale di mons. Ruggero Franceschini, amministratore apostolico dell’Anatolia e arcivescovo di Smirne, che ha invitato tutti a non lasciare sola la Chiesa di Turchia. 

 

“A chi si occupa di formazione, tenete aperta una finestra su questa terra e sul dolore della Chiesa che la abita. Siate la voce di chi non ha neanche la libertà di gridare la propria pena! La verità e la giustizia, al di là di ogni umana convenienza. E così, a chi si occupa di politica o di economia”. 

 

La Santa Sede era rappresentata da mons. Edmond Farhat, ex nunzio apostolico in Turchia, che ordinò vescovo mons. Padovese. Il Papa ha inviato altri due telegrammi di cordoglio, uno per la famiglia dell’ucciso, l’altro per i Frati cappuccini, al cui Ordine apparteneva apparteneva il presule scomparso. Il feretro è stato poi tumulato nella tomba di famiglia a Milano.

 

 

Sulla figura di mons. Padovese, Fabio Colagrande ha raccolto la testimonianza di un suo amico e confratello, fr. Paolo Martinelli. Dal 2004 - quando Padovese divenne vescovo – il religioso cappuccino è divenuto il suo successore nell'incarico di preside dell'Istituto francescano di spiritualità della Pontificia Università Antonianum:RealAudioMP3

 

R. - Lo ho apprezzato come studioso, come direttore del nostro Istituto e poi, direi, per questa sua grande passione che ha avuto per la terra di Turchia, per la terra delle origini cristiane: passione che ha sempre comunicato anche a noi come corpo docente, coinvolgendoci in queste attività. Nel 2004, venne chiamato a diventare vescovo come vicario dell’Anatolia e da qui in avanti la nostra amicizia e la nostra collaborazione è diventata ancora più forte, perché abbiamo iniziato a lavorare insieme per questi convegni. Io mi sono un po’ preoccupato di portare avanti le cose stesse che lui aveva iniziato nell’ambito della ricerca delle origini cristiane in un confronto sia a livello delle Università Pontificie, sia anche a livello di Università statali, cercando di coinvolgere studiosi stessi della Turchia e delle loro Università. Ero rimasto sempre più colpito dalla sua passione di poter utilizzare la ricerca delle origini cristiane come elemento di dialogo e di incontro con le persone appartenenti ad una cultura diversa.

 

D. - Quello che balza agli occhi è come mons. Padovese sia riuscito a trasformare questa attività scientifica e spirituale in una vera e propria pastorale sul campo…

 

R. - La vera teologia ha sempre un orizzonte pastorale. Io direi che in lui questo si è esplicitato proprio nel momento in cui è stato chiamato ad essere pastore della Chiesa che c’è in Anatolia. Ho visto proprio questa sua passione di studioso che è diventata sempre di più una possibilità per portare avanti anche una attività pastorale di cura delle comunità cristiane in Anatolia, che vivono, allo stesso tempo, il dialogo ecumenico e anche il confronto con la realtà dell’Islam. Una persona fondamentalmente positiva, capace di affrontare anche problemi molto forti, molto pesanti, molto complessi. Emerge sempre in lui questo modo per cui anche una cosa negativa che può essere successa, può poi diventare la strada per una nuova riconciliazione. Era un suo tratto umano peculiare. Era l'avere la certezza che ciò che il Signore ha posto dentro la nostra storia, con il dono che ha fatto di se stesso nell’Eucaristia e nel mistero pasquale, cambia fondamentalmente tutto il modo di guardare la vita. Mai c’è la parola “fine” di fronte anche alla violenza, all’incomprensione. Questa rimane per me una lezione, una testimonianza molto grande di mons. Padovese.








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