2010-06-14 14:29:10

Mons. Tomasi all'Ilo di Ginevra: tutelare il lavoro domestico con leggi che garantiscano diritti e dignità


Tra le categorie di lavoratori più “vulnerabili”, per le quali gli Stati devono dotarsi di legislazioni più adeguate, figurano certamente gli impiegati nel settore domestico. Lo ha affermato in un suo recente intervento alla 99.ma sessione della Conferenza internazionale del lavoro (Ilo), l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra. Al microfono di Alessandro De Carolis, il presule spiega come i lavoratori domestici, in larga maggioranza immigrati, siano esposti a un “doppio rischio”:RealAudioMP3

 

 

R. – Io mi sono espresso in questi termini, dicendo che è doppiamente a rischio questa categoria di lavoro perché in molti casi sono delle persone che vengono o da ambienti rurali poveri o da Paesi in via di sviluppo e che dunque non hanno garanzie affinché il loro contratto sia corretto, perché abbiano un minimo di preparazione linguistica o culturale per adattarsi al nuovo posto di lavoro. E poi, quando arrivano, la natura stessa del lavoro domestico è dispersiva. Sono un po’ alla mercé delle famiglie dove vanno a lavorare: se la famiglia è interessata, hanno delle condizioni accettabili, altrimenti ci sono seri rischi - e questo capita in molte parti – di restare vittime abusi sessuali o di mancanza di rispetto di un minimo salario.

 

D. – Come si tutela questa categoria di lavoratori?

 

R. – Il passo importante che è stato fatto in questa 99.ma Conferenza dell'Organizzazione internazionale del lavoro è la decisione, presa a grande maggioranza, di preparare una nuova Convenzione internazionale per la protezione specifica di queste persone che lavorano nell’ambito domestico, in modo che nella fase di preparazione, nella formulazione del contratto, nella regolamentazione delle agenzie di reclutamento, e creando addirittura dei meccanismi che consentano di fare appello in caso di emergenza o di abuso, vi siano delle misure pratiche, concrete, che aiutino queste persone a inserirsi nel lavoro normale.

 

D. - Nel corso del suo intervento, lei ha messo in risalto altre categorie di lavoratori che hanno bisogno di tutela legislativa: in particolare, quella dei lavoratori rurali e quella dei giovani disoccupati. Qual è la posizione della Santa Sede su questo punto?

 

R. – In questo momento di crisi economica, abbiamo dai due ai due ai due miliardi e mezzo di persone, che hanno il loro piccolo salario del lavoro agricolo. Mi pare, specialmente nei Paesi sviluppati dell’Unione Europea, che i giovani stentino a trovare lavoro. Dal 2008 al 2009, c’è stato un aumento fino a 8 milioni e mezzo di giovani senza lavoro: il più grosso aumento negli ultimi dieci anni. Quindi, c’è bisogno da parte degli Stati e da parte dei datori di lavoro di trovare delle forme innovative che possano dare la possibilità a questi giovani di entrare nel mercato del lavoro, in modo che possano non solo contribuire alla ripresa economica, ma anche avere la possibilità di essere delle persone costruttive nella società in cui vivono.

 

D. – Lei ha concluso il suo intervento, come più volte fatto dal Papa negli ultimi mesi, cioè ribadendo che la crisi economica attuale è "un’opportunità". In che senso?

 

R. – E’ un’opportunità perché può facilitare la rimessa al centro di tutte le preoccupazioni economiche della persona umana. Le priorità non sono di profitto, non sono i meccanismi finanziari e le manovre, alle volte molto imprudenti, delle banche che ci hanno portati a questa crisi, ma rimangono gli interessi e i diritti delle persone e delle loro famiglie. L’attenzione a questi grandi numeri di persone, che sono più vulnerabili, perché sono meno tutelate nella ricerca del loro lavoro, è una maniera per facilitare questo processo.








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