La vittoria dei separatisti fiamminghi in Belgio e la forza crescente delle entità
locali
Nuovi scenari in Belgio all’indomani delle elezioni per il rinnovo del parlamento
federale. Le urne hanno, infatti, decretato come primo partito nel nord quello degli
scissionisti fiamminghi: non era mai successo. “Lo Stato deve essere riformato”, ha
detto il leader del movimento, Bart De Wever. Tuttavia, il primo partito del Belgio
diventa quello socialista, guidato da Elio Di Rupo, che potrebbe ora essere designato
come nuovo premier. Da Bruxelles, Laura Serassio:
Gli
elettori hanno scelto l’indipendentista, Bart De Wever, nelle Fiandre, al Nord, e
i socialisti Elio Di Rupo nella Vallonia, al Sud. Il tema del separatismo che ha tenuto
banco nei media nelle ultime settimane non era uno spettro, ma la realtà che ha spostato
gli umori dei belgi verso una formazione politica nuova per la prima volta indipendentista,
senza essere estremista. La vittoria riportata dai separatisti della nuova alleanza
fiamminga N-Va di Bart De Wever è storica. All’N-Va va il numero più alto dei 150
seggi in parlamento, seguito a ruota dai socialisti di Elio Di Rupo, vincitore indiscusso
nella zona meridionale. Alla formazione di sinistra francofona però si aggiungono
i voti degli omologhi fiamminghi, che fanno, dunque, della famiglia socialista “due
lingue” la formazione politica più numerosa del parlamento. Questo potrebbe fare di
Elio Di Rupo il nuovo premier, che di certo però non potrà fare a meno di governare
con De Wever, cercando un’improbabile ma inevitabile coalizione e in fretta. Da due
settimane al Paese toccherà la presidenza di turno dell’Unione Europea.
E
sulla complessa situazione politica post elettorale in Belgio, Stefano Leszczynski
ha chiesto a Ugo Draetta, docente di Diritto internazionale all’Università
Cattolica di Milano, come si possa leggere questo risultato politico alla luce della
prossima presidenza europea belga:
R.
– Innanzitutto, non è una situazione nuova. Sono un po’ di anni che il Belgio è in
una situazione di crisi di governo che si è acutizzata ora e quindi non è una grande
sorpresa. La seconda cosa è che c’è una crisi dello Stato nazionale in Europa ed è
un problema che comincia a essere sempre più prepotente in molte entità locali, dalla
Catalogna alla Scozia. Se io dovessi pensare all’Europa federale, penso piuttosto
a una federazione delle entità locali più che degli Stati nazionali. In una visione
federale europea dovrebbero trovar posto Fiandre e Vallonia.
D.
– In sostanza, l’autonomia delle entità locali, il federalismo, non è in contrasto
con quello che è il processo dell’Unione Europea?
R.
– Anzi, è l’unico sbocco possibile. Il processo dell’Unione Europea è solo ostacolato
dalle gelosie nazionali e dalla paura di perdere le prerogative a livello statale.
D.
– Professore, per quanto riguarda il Belgio si riconosce che i due vincitori hanno
in mano le chiavi del Paese. Secondo lei, una riforma istituzionale che possa andar
bene a tutti quanti in Belgio è possibile?
R. – Vedo
che le reazioni postelettorali sono improntate a una grande civiltà, non è guerra
tutti contro tutti, c’è un grande senso di responsabilità, per cui probabilmente si
troverà un accordo, ma la questione sottostante non rimarrà assopita. Qui c’è un problema
fondamentale di diversità di vedute, di concezioni, di governance da parte
di fiamminghi e da parte di valloni, e di interesse economici.
D.
– Lei citava altri esempi europei e non ha citato l’Italia. E’ un caso che si può
applicare all’Italia?
R. – Direi di sì. Nel quadro di
un'unione europea, di una federazione europea, probabilmente dovrebbero trovare cittadinanza
dei raggruppamenti di regioni italiane.