2010-06-14 15:31:37

La vittoria dei separatisti fiamminghi in Belgio e la forza crescente delle entità locali


Nuovi scenari in Belgio all’indomani delle elezioni per il rinnovo del parlamento federale. Le urne hanno, infatti, decretato come primo partito nel nord quello degli scissionisti fiamminghi: non era mai successo. “Lo Stato deve essere riformato”, ha detto il leader del movimento, Bart De Wever. Tuttavia, il primo partito del Belgio diventa quello socialista, guidato da Elio Di Rupo, che potrebbe ora essere designato come nuovo premier. Da Bruxelles, Laura Serassio:RealAudioMP3





Gli elettori hanno scelto l’indipendentista, Bart De Wever, nelle Fiandre, al Nord, e i socialisti Elio Di Rupo nella Vallonia, al Sud. Il tema del separatismo che ha tenuto banco nei media nelle ultime settimane non era uno spettro, ma la realtà che ha spostato gli umori dei belgi verso una formazione politica nuova per la prima volta indipendentista, senza essere estremista. La vittoria riportata dai separatisti della nuova alleanza fiamminga N-Va di Bart De Wever è storica. All’N-Va va il numero più alto dei 150 seggi in parlamento, seguito a ruota dai socialisti di Elio Di Rupo, vincitore indiscusso nella zona meridionale. Alla formazione di sinistra francofona però si aggiungono i voti degli omologhi fiamminghi, che fanno, dunque, della famiglia socialista “due lingue” la formazione politica più numerosa del parlamento. Questo potrebbe fare di Elio Di Rupo il nuovo premier, che di certo però non potrà fare a meno di governare con De Wever, cercando un’improbabile ma inevitabile coalizione e in fretta. Da due settimane al Paese toccherà la presidenza di turno dell’Unione Europea. 



E sulla complessa situazione politica post elettorale in Belgio, Stefano Leszczynski ha chiesto a Ugo Draetta, docente di Diritto internazionale all’Università Cattolica di Milano, come si possa leggere questo risultato politico alla luce della prossima presidenza europea belga:RealAudioMP3





R. – Innanzitutto, non è una situazione nuova. Sono un po’ di anni che il Belgio è in una situazione di crisi di governo che si è acutizzata ora e quindi non è una grande sorpresa. La seconda cosa è che c’è una crisi dello Stato nazionale in Europa ed è un problema che comincia a essere sempre più prepotente in molte entità locali, dalla Catalogna alla Scozia. Se io dovessi pensare all’Europa federale, penso piuttosto a una federazione delle entità locali più che degli Stati nazionali. In una visione federale europea dovrebbero trovar posto Fiandre e Vallonia.

 

D. – In sostanza, l’autonomia delle entità locali, il federalismo, non è in contrasto con quello che è il processo dell’Unione Europea?

 

R. – Anzi, è l’unico sbocco possibile. Il processo dell’Unione Europea è solo ostacolato dalle gelosie nazionali e dalla paura di perdere le prerogative a livello statale.

 

D. – Professore, per quanto riguarda il Belgio si riconosce che i due vincitori hanno in mano le chiavi del Paese. Secondo lei, una riforma istituzionale che possa andar bene a tutti quanti in Belgio è possibile?

 

R. – Vedo che le reazioni postelettorali sono improntate a una grande civiltà, non è guerra tutti contro tutti, c’è un grande senso di responsabilità, per cui probabilmente si troverà un accordo, ma la questione sottostante non rimarrà assopita. Qui c’è un problema fondamentale di diversità di vedute, di concezioni, di governance da parte di fiamminghi e da parte di valloni, e di interesse economici.

 

D. – Lei citava altri esempi europei e non ha citato l’Italia. E’ un caso che si può applicare all’Italia?

 

R. – Direi di sì. Nel quadro di un'unione europea, di una federazione europea, probabilmente dovrebbero trovare cittadinanza dei raggruppamenti di regioni italiane.








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