Il cardinale Hummes sull'Anno Sacerdotale: un bilancio molto positivo
Ieri, con una Messa Solenne in Piazza San Pietro, nella Solennità del Sacratissimo
Cuore di Gesù, Benedetto XVI ha chiuso l’Anno Sacerdotale da lui aperto il 19 giugno
di un anno fa, in coincidenza con il 150.mo anniversario della morte del Curato d’Ars.
Al cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, Sergio
Centofanti ha chiesto cosa l’abbia più colpito di questo evento:
R.
– Due cose. Prima di tutto, la grande affluenza di sacerdoti: 15 mila presbiteri da
tutto il mondo è veramente qualcosa di straordinario. Questa è stata una bellissima
e significativa risposta positiva da parte dei sacerdoti a quello che voleva essere
l’Anno Sacerdotale ed anche la sua conclusione, qui a Roma. Poi, mi ha colpito molto
lo spirito con cui i sacerdoti hanno partecipato: credo che sia stata la più numerosa
concelebrazione della storia: 15 mila sacerdoti con il Papa!
D.
– Un bilancio di quest’Anno Sacerdotale …
R. – Il bilancio
è positivo, molto positivo. Soprattutto, siamo anche molto felici che sia stato celebrato
nelle comunità locali. Fin dall’inizio, è stato un impegno a fare in modo che l’Anno
scendesse fino in mezzo alla gente, nelle comunità locali. Questo è stato fatto, in
tutto il mondo. Credo che sia stato un anno bellissimo!
D.
– Che cosa vorrebbe dire ai sacerdoti di tutto il mondo, e che cosa vuole dire a quei
giovani che pensano di diventare sacerdoti?
R. – Vorrei
incoraggiare i sacerdoti a continuare ad essere questo corpo presbiterale così importante,
prezioso e insostituibile di ministri in tutto il mondo, soprattutto dove sono inseriti
nelle comunità locali; che continuino con coraggio e con fiducia, con gioia nel donarsi
ai compiti del ministero sacerdotale, riflettendo e sempre di nuovo prendendo una
coscienza via via più profonda della loro identità sacerdotale: cosa vuol dire essere
sacerdote e a cosa sia veramente necessario essere attenti affinché possiamo vivere
questa vocazione e la missione, che è la spiritualità. La spiritualità dev’essere
costantemente approfondita, la vita di preghiera non può mancare al sacerdote affinché
possa veramente con gioia e con sicurezza e con serenità vivere la sua vocazione,
la sua missione. La seconda cosa che avrei molto a cuore di dire ai sacerdoti è che
risveglino in loro lo slancio missionario: di non limitarsi ad essere “al servizio”
della comunità nella quale vivono, che già c'è. Ma che abbiano anche un grande impegno
missionario per andare alla gente, là dove la gente è, soprattutto a quei battezzati
che si sono allontanati per tanti motivi ma anche a quei molti che non conoscono Gesù
Cristo. Questa “missione” oggi è urgentissima! Questo farà ritrovare anche ai sacerdoti
stessi più profondamente la loro identità sacerdotale, perché la missione rinnova
costantemente in noi la nostra identità. Poi, ai giovani vorrei dire che se si sentono
chiamati, abbiano il coraggio di rispondere di “sì”, perché vale la pena essere sacerdoti,
anche se ci sono tante cose nel mondo, oggi, che farebbero dire il contrario e che
dicono il contrario! Ma noi tutti che siamo sacerdoti sappiamo quanto questo sia importante,
quanto questo sia anche un segno della predilezione e di elezione da parte di Dio,
quando Lui chiama un giovane: accettare questa vocazione. Vorrei dire loro che abbiano
il coraggio di farlo: si sentiranno poi grati nei riguardi di Dio per la predilezione
con cui Dio li chiama.