Beatificazione in Spagna di Manuel Lozano Garrido, primo laico giornalista a salire
agli onori degli altari
In Spagna sono ore di vigilia per la Chiesa locale. Alle 19.30 di questa sera, al
Quartiere fieristico di Linares, si celebra la liturgia di Beatificazione di Manuel
Lozano Garrido, primo laico giornalista a salire agli onori degli altari. Il rito
sarà presieduto dall’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle
Cause dei Santi. Domani sarà invece il cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone,
a proclamare Beato lo sloveno Alojzij Grodze, morto martire nel 1943 per mano di partigiani
comunisti. Diversa la storia del prossimo Beato spagnolo, detto familiarmente “Lolo”,
scomparso nel 1971 a 51 anni dopo una grave malattia che non gli impedì di lasciare
pagine ispirate sul mestiere di giornalista e scrittore, come racconta mons. Angelo
Amato al microfono di Roberto Piermarini:
R.
- È un laico spagnolo, nato a Linares, in Spagna nel 1920 e morto nel 1971, a 51 anni.
Brillante giovane di Azione cattolica, durante la persecuzione religiosa spagnola
del 1936-39, con grave rischio della vita fu incaricato di portare l’Eucaristia ai
fedeli nascosti nelle case. Non sfuggì, però, al carcere per la sua aperta fede cattolica.
Vi rimase tre mesi. Edificava tutti con il suo spirito di preghiera. Con i fili della
scopa fece un rosario e lo recitava quotidianamente con gli altri detenuti. Anni dopo
riconobbe il delatore, che era un barbiere, ma lo perdonò.
D.
- Qual è la sua identità spirituale? Per quale motivo è stato elevato agli onore degli
altari?
R. – Ancora giovane, a poco più di vent’anni,
si manifestò in lui un male incurabile, che a poco a poco lo paralizzò in tutto il
corpo. Mani, gambe, piedi non rispondevano. Rimase così inchiodato per decenni a una
sedia a rotelle. Si sentiva come un albero nudo e rinsecchito. A ciò si aggiunse la
cecità. Con gli occhi spenti del corpo egli affinò gli occhi della fede per poter
scorgere in lui e nel prossimo la luce dello Spirito. Per questo soleva dire che le
stelle si vedono di notte. I suoi malanni fisici lo resero più sensibile alle armonie
dello spirito, diversamente da noi, che, storditi dalla marea di futili immagini quotidiane
e intontiti dal frastuono dei loro suoni, non riusciamo più a percepire il canto del
creato e finiamo per diventare noi stessi ciechi e sordi.
D.
– Quale fu il suo apostolato specifico?
R. – Il suo
apostolato principale era la sopportazione serena e addirittura gioiosa della sua
sofferenza. L’offriva quotidianamente per i giornalisti, per i quali scrisse una specie
di decalogo. Rileggiamo qualcuno di questi comandamenti, di indiscussa attualità per
gli odierni operatori della comunicazione sociale: “Ringrazia l’Angelo che ha inciso
sulla tua fronte la stella della Verità e la abbellisce in ogni momento”; “Quando
scrivi, lo devi fare in ginocchio, per amare”; “Lavora il pane dell’informazione 'pulita'
con il sale dello stile e il lievito dell’eternità”; “Tu sei albero di Dio. Chiedigli
che ti faccia quercia, duro e impenetrabile all’ascia dell’adulazione e della corruzione”.
Per lui, il giornalista è come la fontana del paese, che zampilla e disseta giorno
e notte, donando frescura, ottimismo, amore, speranza e sempre un sorriso. Scrisse
nove libri e più di trecento articoli, sparsi in riviste nazionali e locali. Diventò
famoso in tutta la nazione e ricevette numerosi premi letterari.
D.
– Per noi giornalisti Lolo è una vera ispirazione...
R.
– Certo, ma la sorgente della sua ispirazione e del suo entusiasmo di vivere, era
Cristo. Nel suo programma di vita, egli scrisse: “Di buon mattino farai colazione
con il buon pane di Dio e, dopo, ricco del suo miracolo, distribuirai tu i pani e
i pesci del tuo cuore”. E ancora: “Stropiccia e lava i tuoi occhi nella fede, per
vedere sempre Cristo che vive nella persona buona, in quella mediocre e nel peccatore”.