2010-06-11 11:43:45

Mondiali di calcio in Sudafrica: oggi le prime partite


Al via i Mondiali di calcio in Sudafrica. Nel pomeriggio la cerimonia inaugurale allo stadio Soccer City di Johannesburg seguita dalla prima partita tra Sudafrica e Messico. Circa 1500 figuranti hanno rappresentato con balli e canti le tradizioni dell'Africa, continente organizzatore per la prima volta dei Mondiali. Hanno partecipato numerose autorità tra le quali il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e il vicepresidente degli Stati Uniti Biden. Accanto a loro il presidente sudafricano Zuma e molti capi di Stato africani. Non era presente invece l’ex presidente sudafricano e simbolo della lotta all’Apartheid Nelson Mandela, colpito da un lutto familiare, per la morte di una nipotina ieri in un incidente stradale. Nel suo servizio, Alessandro De Carolis traccia un quadro di un evento per molti versi storico:RealAudioMP3
  (Inno dei Mondiali)

 

Che cosa sono i mondiali di calcio? Per i ragazzi di oggi, i Mondiali sono “il” Mondiale, un evento al singolare un po’ perché la memoria anagrafica è “corta” – arriva a ricordare bene un paio delle ultime edizioni – e un po’ perché è fuori forma: in parte saturata dalla marea montante di immagini sull’evento alle porte e poi perché c’è youtube che ricorda per tutti. Per i ragazzi di ieri, i Mondiali di calcio sono i funambolismi di Pelè, l’unico calciatore a vincerne tre, o i “13 tocchi” di Maradona che firmò nel 1986 quello che un sondaggio ha definito “il gol più bello del secolo”. I Mondiali sono da sempre una centrifuga di ricordi di sport per chi ama il calcio e di travolgente passione collettiva, che arriva a trasformare per un mese in tifoso chi non lo è negli altri 11.

 

Tuttavia, il resto della cornice “mondiale”, per esempio il Paese che lo ospita, non suscita normalmente grandi entusiasmi. Uno spruzzo di folklore e poco altro è quello che traspare dai servizi di stampa e tv, forse perché finora l’edizione più esotica, quella del 2002 in Sud Corea e Giappone, è l’unica che ha spezzato il duopolio organizzativo di un avvenimento che in 80 anni si è disputato fra Europa e Americhe. Eppure un Mondiale di calcio in Africa, e in Sudafrica – Paese-specchio di molte contraddizioni del continente – offre spunti per pensare ben oltre le sorti agonistiche delle 32 squadre che tra poche ore cominceranno a sfidarsi sul rettangolo verde. Spunti che sintetizza così Matteo Fagotto, giornalista freelance raggiunto telefonicamente a Cape Town:

 

 

“Colpisce il fatto che ci sia molta differenza ancora non solo a livello economico ma anche a livello di interazione fra le varie comunità. Ci sono poche possibilità, oggi, di avere un rapporto che possa in futuro creare un Sudafrica realmente unito, quello che non esiste in questo momento. Adesso, in Sudafrica, ci sono varie comunità che vivono nello stesso Paese ma che sono accomunate da molto poco. E questo lo comprende meglio se si pensa al fatto che l’apartheid non è stato solamente un sistema di leggi, ma un qualcosa che è entrato nelle menti delle persone, nella cultura delle persone, e quindi un sistema molto più difficile da smantellare di quello che sembri a prima vista”. 

 

Pelle scura e occhi spalancati neri e bianchi, che sembrano tanti palloni di calcio come lo Jabulani, il pallone ufficiale dei Mondiali 2010 che in dialetto isi-Zulu significa “festeggiare”. E’ l’allegria che brilla negli occhi dei ragazzini sudafricani e non solo, le cui foto da giorni affluiscono sui siti Internet che si occupano dei Mondiali di calcio come simbolo di una festa attesa da un’eternità. Sono loro, i più giovani, armati di vuvuzela, l'assordante trombetta da stadio sudafricana, i veri esperti di un evento che grazie al web ha avvicinato i ragazzi africani ai loro coetanei occidentali molto più dei loro genitori, come spiega padre Jean Ilboudo, un gesuita del Burkina Faso, al microfono di Luca Collodi:

 

 

R. - In ogni nazione nel Camerun nella Costa d’Avorio, nel Ciad ci sono molti giovani che sono molto interessati al football, conoscono tutti i giocatori e seguono veramente i campionati. Dunque è un momento forte per l’Africa.

 

D. - Come Chiesa voi vi impegnate anche a promuovere lo sport?

 

R. - Sì, in ogni scuola secondaria ha delle squadre perché vogliono veramente aiutare anche la formazione umana quando un gruppo si mette insieme a giocare. C’è tutto uno sviluppo della personalità del modo di tenere conto dell’altro. Dunque, nelle scuole noi mettiamo l’accento sullo sport.

 

Che il Sudafrica viva allora questa grande festa di sport. Senza dimenticare che chiusa la storia dei primi Mondiali africani c’è la storia dell’Africa di sempre che deve andare avanti. Matteo Fagotto: 

 

“Questo Mondiale è un po’ il simbolo del fatto che il mondo rende onore a questo Paese. Da questo punto di vista la gente sudafricana è estremamente orgogliosa di questo. Ma pochi si illudono che il Mondiale risolva i problemi del Sudafrica. Ci saranno delle ripercussioni positive che probabilmente saranno quelle di immagine. Se il Sudafrica riuscirà a organizzare una bella competizione, ciò potrà sicuramente rivelarsi un volano turistico per i prossimi anni. D’altra parte, i punti negativi sono che il Sudafrica ha speso tanto per organizzare questi Mondiali in un Paese in cui, comunque, molte comunità e molte township ancora hanno pochi servizi o ce li hanno scadenti. Il problema è che il Sudafrica ha problemi sociali più grandi rispetto ai Paesi che finora hanno ospitato la competizione. Quindi, questi problemi sono un po’ cresciuti”.








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