Colloqui Onu-Tripoli dopo la chiusura dell’ufficio dell'Acnur in Libia
Discussioni sono in corso tra l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati
e la Libia sulla ripresa dell'attività dopo la decisione di Tripoli di chiudere l'ufficio
dell'Acnur nel Paese. La Libia non ha mai firmato la Convenzione internazionale sui
rifugiati del 1951 e quindi ha definito “illegale” la presenza dell’ufficio Onu nel
suo territorio. La legge va rispettata ovunque, ha commentato il ministro degli Esteri
italiano, Franco Frattini, auspicando comunque la riapertura delle attività delle
Nazioni Unite. “Quella dei rifugiati – ha aggiunto – è una questione europea, non
italiana”. Intanto, secondo la portavoce dell’Alto Commissariato dell'Onu per i rifugiati,
Laura Boldrini, “se l’Onu se ne va dalla Libia, i rifugiati sono in trappola”. Al
microfono di Paolo Ondarza spiega perché:
R.
- I rifugiati che si trovano in Libia sono persone che non possono ritornare a casa.
Sono fuggiti a causa di guerre, di persecuzioni o di violazioni dei diritti umani:
non possono ritornare quindi da dove sono venuti. Oggi, però, con la politica dei
respingimenti non possono neanche continuare ad andare a nord, attraversando poi il
Mediterraneo per cercare protezione. La presenza dell’Alto Commissariato in Libia
rappresentava un riferimento per tutte queste persone.
D.
- Voi siete a Tripoli dal 1991: in cosa consisteva la vostra attività?
R.
- Noi siamo in Libia dal 1991 su richiesta delle autorità libiche e da allora abbiamo
continuato sempre a lavorare. In questi anni abbiamo avuto delle limitazioni nel mettere
in atto il nostro mandato, ma abbiamo sempre potuto svolgere delle attività a sostegno
dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Abbiamo registrato i richiedenti asilo, abbiamo
fatto anche la procedura del riconoscimento dello status di rifugiati, abbiamo cercato
di fornire assistenza umanitaria in alcuni dei centri dove eravamo autorizzati ad
andare.
D. - A questo punto, qual è il ruolo dell’Unione
Europea?
R. - Diciamo che l’Unione Europea potrebbe
sollevare la questione proprio in termini di importanza per l’Unione Europea stessa,
perché nel momento in cui sviluppa dei progetti in Libia è importante che ci sia anche
l’organismo internazionalmente riconosciuto a tutela dei rifugiati. Credo che l’Unione
Europea abbia interesse, oltre che ad intavolare discussioni con la Libia per il contrasto
delle immigrazioni irregolari, a fare in modo che ci sia un terreno condiviso anche
sulla tutela dei diritti.
D. - Per quanto riguarda l’Italia?
R.
- I respingimenti li abbiamo sempre considerati una misura non appropriata che entra
in rotta di collisione con il diritto di asilo. La prova è che c’è stato il crollo
delle domande di asilo in Italia. La situazione si aggrava ancora di più ora che la
nostra presenza in Libia è messa in discussione.