La Santa Sede: revisione dei brevetti per garantire accesso a cibo e medicine a 2
miliardi di persone
Il diritto universale alla salute, nonostante sia riconosciuto dalle leggi internazionali,
è “ben lontano dall’essere attuato”; sono infatti oltre due miliardi le persone che
non hanno accesso alle medicine essenziali: è quanto ha detto ieri l’arcivescovo
Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio
Onu di Ginevra, nel corso della 14.ma sessione del Consiglio dei Diritti Umani che
si sta svolgendo nella città elvetica. Ascoltiamo lo stesso mons. Tomasi al microfono
di Sergio Centofanti:
R.
– L’esperienza che abbiamo come Chiesa - promuoviamo nel mondo più di 5 mila ospedali,
18 mila dispensari e cliniche, 15 mila e più case per anziani e malati cronici, oltre
500 lebbrosari - è che non c’è di fatto l'accesso ai medicinali di cui si avrebbe
bisogno, specialmente nei Paesi più poveri e specialmente nelle zone rurali. Allora,
per rendere accessibili questi medicinali bisogna ristudiare il diritto dei brevetti.
La posizione presa è stata quella di dire che davanti a certe esigenze così ferree
di compagnie farmaceutiche o di altri interessi economici molto forti, ci debba essere
una revisione dei criteri che permettano anche ai Paesi che non hanno la tecnologia
sufficientemente sviluppata di avere questi medicinali ad un prezzo modico o di produrli
loro stessi. In particolare, prendiamo ad esempio i bambini: si parla di circa due
milioni e 100 mila bambini che vivono con l'HIV; solo il 38 per cento di loro riceve,
di fatto, i medicinali antiretrovirali che prolungano e salvano la loro vita, perché
non c’è interesse o perché non c’è la possibilità da parte dei Paesi poveri di produrre
loro stessi questi medicinali. Dobbiamo fare in modo di riequilibrare il rapporto
brevetti-diritti e di riaprire la porta sulla questione della proprietà intellettuale,
perché si trovi la maniera di rispondere ai bisogni di oltre due miliardi di persone.
D.
– Mons. Tomasi, lei, sempre a Ginevra, ha toccato il problema della revisione dei
brevetti anche presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio, mettendolo in relazione
al diritto al cibo, che - talora - i diritti di proprietà intellettuale pongono a
rischio se non addirittura negano…
R. – Dobbiamo fare
in modo che la scoperta di nuove maniere di incrementare la produzione di cereali
o di altri prodotti alimentari necessari per la vita quotidiana delle persone, affinché
abbiano cibo a sufficienza, non siano controllati in maniera esclusiva da parte di
poche compagnie in modo da diventare poi elemento che blocchi l’accesso al cibo necessario
per vivere. Facciamo un altro esempio, quella della “bio-pirateria”: è un rischio
che esiste. Ci sono compagnie che scoprono prodotti o sementi, nei Paesi in via di
sviluppo, li brevettano e poi li vendono ai contadini o alla popolazione del Paese
stesso dal quale hanno preso questi prodotti; loro guadagnano molti soldi, mentre
la povera gente non ha i mezzi per comprare quello che viene dal loro proprio territorio.
Ci sono questi squilibri a cui bisogna fare attenzione!