Israele verso un'inchiesta nazionale sul blitz pro Gaza
Ancora nessuna soluzione alla crisi su Gaza, seguita al blitz israeliano contro la
flottiglia pro palestinese, che la scorsa settimana ha provocato la morte di nove
attivisti. Il premier dello Stato ebraico Netanyahu, dopo una riunione di due giorni
del governo, prepara una commissione di inchiesta nazionale affiancata da due osservatori
stranieri, contrariamente a quanto invocato dall’Onu, che chiede un’indagine internazionale.
Si fa intanto sempre più profonda la spaccatura con la Turchia e, nel quadro della
controversia, si inserisce anche l’Iran. Sentiamo Graziano Motta:
La Mezzaluna
rossa iraniana dunque ha deciso di inviare questa settimana delle imbarcazioni umanitarie
a Gaza. La decisione giunge quando i Guardiani della rivoluzione, la forza d'elite
della Repubblica Islamica, hanno espresso la loro disponibilità a scortare le navi
di aiuti dirette verso la Striscia. Ce ne parla Marcella Emiliani, docente di Storia
del Medio Oriente all’Università di Bologna-Forlì, intervistata da Giada Aquilino:
R.
- I Pasdaran, i Guardiani della rivoluzione iraniani, intendono sfruttare il momento
di forte isolamento internazionale d’Israele per attuare una sorta di provocazione,
confondendosi nel “mucchio” dei pacifisti.
D.
- In questi scenari si è aperta anche quella che i giornali hanno definito “una nuova
fratellanza” tra Turchia e Gaza. Dove porterà?
R.
- Bisogna considerare un fatto molto importante: sono tutti accomunati dall’appartenenza
alla religione musulmana. Chiaramente, il premier turco Erdogan fa parte di un partito
islamico e ha riallacciato molte della relazioni del governo di Ankara proprio sull’onda
di questa fratellanza musulmana. Non dimentichiamo che la Turchia è un Paese Nato,
quindi ha anche un peso internazionale molto forte e questa è una maniera per riportare
a galla un problema che era totalmente sparito dall’agenda internazionale, ovvero
il vergognoso blocco della Striscia di Gaza.
D. -
Israele rimarrà fermo nel suo “no” ad un’inchiesta internazionale proposta dall’Onu
o potrà tornare sui propri passi?
R. - Israele non
accetterà, in nessun momento, con nessun governo, un’inchiesta internazionale sul
proprio territorio. Non è un caso che gli Stati Uniti abbiano detto “sì” a un’inchiesta
ma se condotta dagli stessi israeliani. D’altronde, ormai in Israele non fanno che
succedersi commissioni d’inchiesta che verificano quanto di corretto o non corretto
ci sia stato nel comportamento dell’esercito dello Stato ebraico. L’ultimo episodio
è stato quello dell’operazione "Piombo fuso".
D.
- Dopo questa crisi potrebbero cambiare gli equilibri in Medio Oriente?
R.
- No, gli equilibri non cambieranno. Il problema serio, in questo momento, è che gli
Stati Uniti hanno priorità diverse dalla risoluzione del conflitto arabo-israeliano.
In campagna elettorale, Obama aveva promesso di occuparsi del problema del conflitto
israelo-palestinese e, una volta insediato, a parte i problemi interni - dalla crisi
economica all’attuale marea nera - ha dato la precedenza all’Afghanistan e all’Iraq.