Il dramma del Darfur nelle cifre dell'Onu: 600 morti il mese scorso
Nella tormentata regione sudanese del Darfur, secondo fonti delle Nazioni Unite e
dell’Unione Africana sono morte il mese scorso oltre 600 persone, durante scontri
tra ribelli e governativi. Si tratta di cifre che mettono in evidenza le sfide che
gli operatori sul terreno devono affrontare dopo sette anni di conflitto, e nonostante
l’intervento dei tribunali internazionali per punire i crimini contro l’umanità commessi
nell’area. Tutto questo avviene proprio mentre a Doha, in Qatar, stanno per ripartire
i colloqui di pace tra il governo di Khartoum e un gruppo che riunisce rappresentanti
di varie fazioni di ribelli in Darfur, ad esclusione del Jem, ritiratosi dai negoziati.
Per Vittorio Scelzo, della Comunità di Sant’Egidio, attiva nella mediazione
sul Darfur, si tratta comunque di una situazione che non compromette del tutto i margini
delle trattative. Lo ha intervistato Stefano Leszczynski:
R.
– La situazione in Sudan in generale è molto complessa. Ci avviamo ad un tornante
decisivo, che sarà quello del referendum per l’indipendenza del sud, che sarà celebrato
nel gennaio del 2011. Quindi, tutte le carte si rimescolano. E’ necessario avere un
approccio complessivo. Si tratta di un momento difficile, in cui tutte le alleanze
cambiano, in cui gli equilibri della regione sono a rischio e quindi è necessario
un impegno maggiore della comunità internazionale. Va detto che il fatto che siano
ripresi degli scontri non deve però portare a pensare che non ci sia più la possibilità
di una soluzione negoziale.
D. – Una
situazione molto complessa, pericolosa, tra l’altro, anche per i Paesi confinanti.
E’ tutta una zona che è molto sensibile a quello che avviene in Darfur...
R.
– Anche perché tra Darfur, Sudan, Ciad, Repubblica Centrafricana i confini sono effettivamente
molto labili e soprattutto tra il Darfur, il Sudan e il Ciad le popolazioni si intersecano,
si mescolano: i problemi del Ciad si riversano sul Sudan e quindi di nuovo sul Ciad.
La nota positiva di questi mesi è un riavvicinamento, un chiarimento direi definitivo
tra il governo di Karthoum e quello di ‘Ndjamena. Si tratta di un momento delicato,
in cui anche le alleanze regionali stanno cambiando. I fatti di questi ultimi giorni
sono il risultato di queste mutevoli alleanze internazionali.
D.
– Può avere avuto o può avere un peso critico sul processo di pace il fatto che sia
stato rieletto un presidente sudanese ritenuto da una parte della comunità internazionale
responsabile di gravi crimini contro l’umanità in Darfur?
R.
– La situazione personale del presidente Bashir sicuramente è uno dei problemi sul
tavolo. Va detto che anche alcuni dei capi ribelli sono stati incriminati dalla stessa
corte. Il quadro generale è soprattutto un quadro politico, nel quale si mescolano
le recenti elezioni in Sudan, con le evidenti pressioni che ci sono state sull’una
e sull’altra parte e il prossimo referendum sull’indipendenza del sud, che a mio avviso
è il tornante decisivo per la storia recente del Sudan.