Dopo oltre venticinque anni, il disastro di Bhopal ha finalmente dei responsabili.
Un tribunale distrettuale, in India centrale, ha dichiarato colpevoli otto impiegati
indiani accusati di negligenza per la catastrofe, considerata la peggiore della storia
industriale mondiale. L'incidente accadde all'alba del 3 dicembre 1984, quando 40
tonnellate di una miscela di gas altamente tossico si dispersero nell'aria con effetti
devastanti: 3.500 persone perirono nell’immediato, ma altre 25mila sono morte nel
corso degli anni successivi per gli effetti a lungo termine dell’intossicazione. Stefano
Leszczynski ha chiesto a padre Carlo Torriani, missionario del Pime in
India, cosa significhi questa condanna per i sopravvissuti di Bhopal.
R.
– Almeno la soddisfazione morale per quelli che hanno sofferto questa tragedia. Penso
però che i sopravvissuti non sono stati ancora retribuiti sufficientemente ed anche
le infrastrutture di Bhopal – sia gli ospedali sia le scuole – per queste persone
non sono ancora adeguate per dare una speranza migliore di sviluppo.
D.
– Si può dire che l’India è stata vicina ai propri cittadini per quanto riguarda questa
durissima battaglia legale ma soprattutto per la battaglia per la vita?
R.
– Sì, perché hanno senz’altro combattuto per avere giustizia, anche il governo indiano.
Purtroppo, però, in India esiste ancora tutta un’industria del riciclaggio: navi intere
che arrivano per essere smantellate che sono piene di materiale tossico e non sempre
ci sono delle leggi adeguate per salvaguardare altre popolazioni in altri posti.
D.
– Diciamo, quindi, che oggi come oggi, il pericolo per gli abitanti dell’India – soprattutto
per le zone industriali – non è del tutto scomparso? Se non un’altra Bhopal, potrebbero
anche ricapitare tragedie simili?
R.
– Sì, soprattutto per le miniere, perché le zone in cui ci sono le miniere, come nell’Orissa,
sono ancora un po’ lasciate alla mercé dell’industria e c’è pochissima protezione
per i tribali locali.
D. – Come se lo
spiega il fatto che in ambito internazionale si parli poco di queste tragedie?
R.
– Non vedo un interesse per il mondo, per lo sviluppo degli altri continenti.