2010-06-06 14:49:47

Sri Lanka: l'aiuto della Chiesa per i profughi della guerra civile


Anche se la Caritas-Sri Lanka è molto impegnata per aiutare le vittime della lunga guerra civile, “non possiamo essere del tutto soddisfatti. Possiamo dare aiuti, ma le necessità della gente sono tante. Non so come possiamo soddisfare tutte le loro necessità e tutte le loro richieste. Per quello che abbiamo fatto per loro, io, come Chiesa, sono contento, ma dico anche che le necessità sono tante, che c’è tanto da fare”. Padre George Sigamony, direttore della Caritas-Sri Lanka, racconta all'agenzia AsiaNews quanto la Chiesa cattolica ha fatto per le vittime della guerra e i profughi, e parla del tantissimo che ancora occorre fare. Padre Sigamony ha seguito per anni la difficile situazione dei campi profughi. Dice che “sono felice di vedere che la popolazione ora non è più confinata in campi profughi, ma è libera di muoversi, di tornare ai loro villaggi, ritrovare parenti e riunificate le famiglie. Ma questa gente ha ancora bisogno di tanto aiuto dello Stato e degli enti, per potersi reinsediare a casa. Invece viene loro dato poco sostegno. Nell’aprile 2009 – ricorda padre Sigamony – abbiamo iniziato a prenderci cura dei profughi nei campi di Manik Farm, Trincomalee, Jaffna: circa 97mila profughi. Abbiamo dato loro cibo e anche assistenza psicologica, istruzione. Quando sono tornati ai loro villaggi, abbiamo dato loro razioni di cibo per le necessità essenziali”. “Quando abbiamo chiesto cosa serviva loro, ci hanno detto che mancavano di ripari. Serviva loro la luce, in quanto là non c’è elettricità. Così abbiamo fornito loro lampade solari, soprattutto alle vedove e alle donne che devono fare da capo-famiglia. La nostra maggiore priorità è sostenere vedove e donne sole, la maggior parte di loro sono giovani tra 18 e 32 anni con 2 o 3 bambini”. “Vogliamo anche favorire l’istruzione dei bambini. Pure quando erano nei campi profughi, li abbiamo aiutati nell’istruzione”. La Chiesa non ha trascurato i bisogni non materiali dei profughi e il sacerdote esprime il suo ringraziamento “ai vescovi, soprattutto a mons. Joseph Rayappu e a mons. Thomas Savundaranayagam. Dall’inizio, costoro non hanno mai trascurato le necessità della gente, sono stati con queste persone. Nei campi sono stati sempre presenti sacerdoti, per le necessità spirituali”. “E quando la gente ha iniziato a reinsediarsi, con loro ci sono stati i sacerdoti”. “La gente ha capito che la chiesa non li ha mai lasciati soli, che la chiesa è in viaggio con noi”. (R.P.)








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