2010-06-06 13:12:54

L'umanità ha bisogno della Croce di Cristo per vincere il male nel mondo: così il Papa nella Chiesa della Santa Croce


Il mondo ha bisogno della Croce di Cristo per vincere i mali del mondo: l’uomo non può salvare se stesso. E’ quanto ha detto il Papa ieri pomeriggio nell’omelia della Messa da lui celebrata per i sacerdoti, i religiosi e i diaconi nella Chiesa della Santa Croce a Nicosia. Il servizio di Sergio Centofanti.RealAudioMP3

 

Grande intensità di preghiera, ma anche festa, tanta gioia e affetto nella Messa presieduta dal Papa nella Chiesa della Santa Croce, situata nella zona cuscinetto che separa le due comunità cipriote a Nicosia ed è controllata dalle forze dell’Onu. Poco prima della celebrazione, Benedetto XVI ha incontrato brevemente, all’esterno della nunziatura, un anziano leader islamico di un movimento sufi, Cheik Mohammed Nazim Abil Al-Haqqan, 89 anni, impegnato nel dialogo interreligioso. Il leader sufi, giunto dalla parte Nord di Cipro per salutare il Pontefice, si è scusato per il fatto di averlo aspettato seduto. “Sono molto vecchio”, ha detto. Il Papa ha risposto: “Sono anziano anch’io!”. Nazim ha poi donato al Papa un bastone istoriato, una targa con parole di pace in arabo e un rosario musulmano. Il Pontefice, da parte sua, gli ha donato una medaglia: quindi si sono abbracciati in un gesto di affetto fraterno. Nazim ha chiesto infine a Benedetto XVI di pregare per lui. “Certamente lo farò - gli ha risposto il Papa - pregheremo l'uno per l'altro”.

 

 

canto

 

 

Nell’omelia il Papa ha parlato della Croce di Cristo: 

 

“Many might be tempted to ask why we Christians celebrate an instrument…

“Molti potrebbero essere tentati di chiedere perché noi cristiani celebriamo uno strumento di tortura, un segno di sofferenza, di sconfitta e di fallimento. E’ vero che la croce esprime tutti questi significati. E tuttavia a causa di colui che è stato innalzato sulla croce per la nostra salvezza, rappresenta anche il definitivo trionfo dell’amore di Dio su tutti i mali del mondo”.

 

 

Benedetto XVI ricorda l’antica tradizione secondo la quale il legno della croce sarebbe stato preso da un albero piantato sul Golgota, dove Adamo fu sepolto, e cresciuto da un seme proveniente da un altro albero, quello della conoscenza del bene e del male, che si trovava nell’Eden. “Attraverso la provvidenza di Dio – ha spiegato il Papa - l’opera del Maligno sarebbe stata sconfitta ritorcendo le sue stesse armi contro di lui”:

 

 

“The wood of the Cross became the vehicle for our redemption…

“Il legno della croce divenne lo strumento per la nostra redenzione, proprio come l’albero dal quale era stato tratto aveva originato la caduta dei nostri progenitori. La sofferenza e la morte, che erano conseguenze del peccato, divennero il mezzo stesso attraverso il quale il peccato fu sconfitto. L’agnello innocente fu sacrificato sull’altare della croce, e tuttavia dall’immolazione della vittima scaturì una vita nuova: il potere del maligno fu distrutto dalla potenza dell’amore che sacrifica se stesso”. 

 

“L’uomo – ha proseguito il Pontefice - non può salvare se stesso dalle conseguenze del proprio peccato. Non può salvare se stesso dalla morte. Soltanto Dio può liberarlo dalla sua schiavitù morale e fisica”. La Croce – pertanto è “il simbolo più eloquente della speranza che il mondo abbia mai visto. Parla a tutti coloro che soffrono – gli oppressi, i malati, i poveri, gli emarginati, le vittime della violenza – ed offre loro la speranza che Dio può trasformare la loro sofferenza in gioia, il loro isolamento in comunione, la loro morte in vita. Offre speranza senza limiti al nostro mondo decaduto”: 

 

“That is why the world needs the Cross…

“Ecco perché il mondo ha bisogno della croce. Essa non è semplicemente un simbolo privato di devozione, non è un distintivo di appartenenza a qualche gruppo all’interno della società, ed il suo significato più profondo non ha nulla a che fare con l’imposizione forzata di un credo o di una filosofia. Parla di speranza, parla di amore, parla della vittoria della non violenza sull’oppressione, parla di Dio che innalza gli umili, dà forza ai deboli, fa superare le divisioni, e vincere l’odio con l’amore. Un mondo senza croce sarebbe un mondo senza speranza, un mondo in cui la tortura e la brutalità rimarrebbero sfrenati, il debole sarebbe sfruttato e l’avidità avrebbe la parola ultima. L’inumanità dell’uomo nei confronti dell’uomo si manifesterebbe in modi ancor più orrendi, e non ci sarebbe la parola fine al cerchio malefico della violenza. Solo la croce vi pone fine”. 

 

“Nessun potere terreno può salvarci dalle conseguenze del nostro peccato, e nessuna potenza terrena può sconfiggere l’ingiustizia sin dalla sua sorgente” – ha aggiunto Benedetto XVI - ma “l’intervento salvifico del nostro Dio misericordioso ha trasformato la realtà del peccato e della morte nel suo opposto”. Ma cosa vuol dire dare al mondo il messaggio della Croce? 

 

“When we proclaim Christ crucified we are proclaiming not ourselves, but him…

“Quando proclamiamo Cristo crocifisso, non proclamiamo noi stessi, ma lui. Non offriamo la nostra sapienza al mondo, non parliamo dei nostri propri meriti, ma fungiamo da canali della sua sapienza, del suo amore, dei suoi meriti salvifici. Sappiamo di essere semplicemente dei vasi fatti di creta e, tuttavia, sorprendentemente siamo stati scelti per essere araldi della verità salvifica che il mondo ha bisogno di udire. Non stanchiamoci mai di meravigliarci di fronte alla grazia straordinaria che ci è stata data, non cessiamo mai di riconoscere la nostra indegnità, ma allo stesso tempo sforziamoci sempre di diventare meno indegni della nostra nobile chiamata, in modo da non indebolire mediante i nostri errori e le nostre cadute la credibilità della nostra testimonianza”.

 

 

Il Papa esorta i sacerdoti a conformare la loro vita “al mistero della croce di Cristo Signore”. “Nel riflettere sulle nostre mancanze, sia individualmente sia collettivamente – ha aggiunto - riconosciamo umilmente di aver meritato il castigo che lui, l’Agnello innocente, ha patito in nostra vece. E se, in accordo con quanto abbiamo meritato, avessimo qualche parte nelle sofferenze di Cristo, rallegriamoci, perché ne avremo una felicità ben più grande quando sarà rivelata la sua gloria”.

 

 

Rivolge quindi il suo pensiero ai molti sacerdoti e religiosi del Medio Oriente chiamati a vivere il mistero della croce del Signore: 

 

“Through the difficulties facing their communities as a result of the conflicts…

“Dove i cristiani sono in minoranza, dove soffrono privazioni a causa delle tensioni etniche e religiose, molte famiglie prendono la decisione di andare via, e anche i pastori sono tentati di fare lo stesso. In situazioni come queste, tuttavia, un sacerdote, una comunità religiosa, una parrocchia che rimane salda e continua a dar testimonianza a Cristo è un segno straordinario di speranza non solo per i cristiani, ma anche per quanti vivono nella Regione”. 

 

“Abbracciando la croce loro offerta – ha concluso il Papa - i sacerdoti e i religiosi del Medio Oriente possono realmente irradiare la speranza che è al cuore del mistero” stesso della Croce di Cristo.

 

 

Fuori dalla Chiesa un gruppo d’immigrati africani a Cipro ha voluto offrire al Papa il suo abbraccio con canti e appalusi.








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